Il 13 novembre esce il nuovo EP di M¥SS KETA, ‘Il Cielo non è un limite’. L’artista ci racconta i suoi doppelgänger.
Si intitola Il Cielo non è un Limite il nuovo EP di M¥SS KETA, in uscita il 13 novembre (Island Records/Universal Music Italia). Sette brani (tra cui i singoli già rilasciati Giovanna Hardcore e Due), in cui spicca la produzione di RIVA e gli interventi compositivi di Populous e Unusual Magic, un featuring di Priestess e un cameo di Lilly Meraviglia.
«Rispetto ai precedenti lavori, questo EP somiglia più a Carpaccio Ghiacciato. – dice M¥SS KETA – Lì avevo raccontato un mondo marittimo, mentre ne Il Cielo non è Limite ci siamo focalizzati su un altro elemento naturale, l’aria. Quindi il cielo. Di solito lavoriamo in modo specifico. La nostra reference principale è stato soprattutto Wipeout 2097 e tutti quei giochi dell’epoca della PlayStation1. I suoni sono quelli futuribili e futuristici a cui erano legati questi mondi. Mi sono immaginata un cielo visto da un palazzo o da un aereo che corre velocissimo ad alta quota».
Il Cielo non è un Limite, appunto. Ma in questo EP c’è molto altro: ci sono ispirazioni, citazioni, doppelgänger che convergono in una ricerca forsennata di interiorizzazione.
«Dalle finestre si spalanca l’infinità del cielo, ma anche l’interiorità. Ogni volta che vediamo uno spazio illimitato fuori, cerchiamo di vederlo anche al nostro interno. È una questione di spazi».
E così, partendo da una ricerca vastissima (dall’architettura «di vetro e acciaio» al Medioevo Digitale descritto dall’artista e scrittore britannico James Bridle), un intero mondo è entrato nella lavorazione dell’EP, «che quindi per me è molto coerente» dice M¥SS KETA.
«Le sonorità sono super sperimentali e istintive. Sono abbastanza spinte e sono contenta di aver cantato in modo quasi performativo. I suoni sono più clubbing in un momento in cui nei club non possiamo andare. Si va dalla jungle alla deep house, e alla house che è la mia passione».
M¥SS KETA e le sue doppelgänger
Un doppelgänger per ogni canzone. Così M¥SS KETA descrive più nel dettaglio il suo lavoro e la sua volontà di dar voce a diversi personaggi e figure.
«Già in Giovanna Hardcore c’era una miss che non era una miss. – spiega M¥SS KETA – Farla parlare e cantare è stato potentissimo. Ci siamo affezionati a questo giochetto e lo abbiamo riprodotto su altre canzoni. In Diana, ad esempio, a parlare è una dea della caccia contemporanea, in una Magna Grecia futurista. In Photoshock il personaggio non è completamente esternalizzato, è un’immersione totale in una modella che vive in un grattacielo ed è impazzita per colpa dei flash fotografici».
E poi c’è la mistress felina di GMBH, immersa in un rituale di seduzione scandito da un beat deep house alla moda di Chicago. La rider post apocalittica che sfreccia fra le vie dell’inferno in RIDER BITCH, sfogo electroclash ispirato al videogioco Wipeout 2097, una traccia che vede la co-produzione di Unusual Magic e il cameo di Lilly Meraviglia. È un mondo compromesso dalla saturazione post-capitalista che esplode definitivamente nella traccia finale, DUE, delirio electropop disegnato sul beat della hit anni ’90 Two Times di Ann Lee.
«Canto in molte lingue, dal greco antico all’inglese. La lingua non è un limite, la musica non è un limite, niente deve essere un limite. Abbiamo sperimentato tanto. Questo EP è un figlio nato in un momento molto pazzo, ha tanta istintività e tanta sperimentazione. Ci siamo sfogati».
Maschere e mascherine: l’attualità di M¥SS KETA
«Ormai è diventato comune avere le mascherine, ma il personaggio di M¥SS KETA vive in parallelo a questa situazione. – dice l’artista – È giusto che mi chiediate cosa provo vedendo le persone con la mascherina. Sono contenta perché denota la voglia di proteggere le persone e la comunità. Ora indossarle ci spaventa meno rispetto all’inizio dell’anno. Direi che adesso è un elemento che ci rassicura. Ho capito che è complicato parlare con le persone con la mascherina perché non vedi la loro espressione. Però non credo che la situazione attuale mi abbia depotenziato».
«Una maschera può nascondere molte verità. I doppelgänger rappresentano molte sfaccettature. Se ci penso, credo sia paradossale che una maschera mi abbia dato modo di fare questo lavoro. Mi rendo conto che spesso le prime file con le mascherine si vivono il concerto in modo molto puro e spontaneo. Se i fan si mettono la mascherina e si sentono più liberi, per me è una grandissima vittoria».