Intervista a Giacomo Guidi, fondatore del Contemporary Cluster, galleria Roma che festeggia quattro anni di attività all’insegna del contemporaneo.
Giacomo Guidi, classe 82, una vita tra sport ed arte. Nato schermitore per la nazionale italiana, diventato protagonista di competizioni mondiali, il “cattivo ragazzo” ha conosciuto il mondo e dato respiro alla sete di conoscenza e gusto nutrendosi al tavolo dei benedetti. Un patrimonio culturale di esperienze capitalizzato in sensibilità, visione e consapevolezza che, dopo qualche falsa partenza, lo ha portato a fondare, nel centro di Roma, uno degli spazi più ambiti per il mondo dell’arte contemporanea, il Contemporary Cluster.
Interpretando un modello alchemico che vede la persona al centro dell’evento ,Giacomo Guidi ha fatto suo un retaggio internazionale realizzando, se non per primo sicuramente fra i primi, un nuovo modello di galleria d’arte dinamica dove il sacro incontra il profano, il suono il design, la periferia l’aristocrazia.
Un mix che ha portato il progetto del Contempory Cluster ad una notevole visibilità raccogliendo l’attenzione del mercato e del pubblico oltre che, chiaramente, a qualche critica.
In occasione del progetto “Particolare di Paesaggio” intervistiamo il gallerista che da poco ha festeggiato i suoi quattro anni di attività.
Un versione dell’intervervista integrale è pubblicata su Funweek.
Cos’è il Contemporary Cluster?
Giacomo Guidi: Contemporary Cluster è stata una evoluzione contemporanea e necessaria di rigenerazione del concetto di galleria. Una galleria che lavora simultaneamente oltre che sull’arte, sul design, sul suono, sul visual, sulle arti applicate sull’editoria indipendente. Un luogo dove le progettualità possono ridefinirsi stando in stretto contatto abbandonando il concetto di galleria statica. Il plus è la ricerca di ri-contemporaneizzazione come se il Cluster fosse un dispositivo capace di ricercare un dialogo aperto con il pubblico che va dall’adolescente al super esperto. Il Cluster ha questo compito, rendere accessibili progetti culturali che nei loro ambiti indipendenti sarebbero molto chiusi.
Secondo te il Cluster ha già un peso a livello internazionale.
GG: Cluster nel primo periodo di vita ha voluto affrancarsi fortemente sul territorio cittadino creando una forte commistione ambientale. Roma vive di molte città all’interno della città che di solito erano arroccati nei loro spazi. Io ho cercato di creare un dialogo dove persone provenienti dalle diverse zone della città potessero incontrarsi e l’ho voluto fare in centro. La città è stata recettiva.
Abbiamo fatto poi un lavoro nazionale che ci ha portato al riconoscimento come miglior spazio ibrido in Italia (Art tribune), non ultimo siamo stati inseriti sulla guida deLa Repubblica. Il discorso internazionale è una mira futura che deve aspettare la possibilità di incontri, di viaggi, ora nessuno può.
Mentre le strutture più istituzionali e statiche soffrono, diversi esempi in Europa ripropongono esattamente il modello del Contemporary Cluster. Giacomo Guidi, da attento osservatore ha portato questo modello a Roma rappresentando di fatto un nuovo modo di fare cultura.
Secondo te Roma di cosa ha bisogno in questo momento?
Roma è stato sempre un luogo generatore di tantissime culture e sottoculture.Quella che è mancata è la consapevolezza di quello che si andava a fare. Si sono perse molte cose per strada che poi sono state capitalizzate altrove. Roma ha bisogno di consapevolezza e di un supporto istituzionale vere. Ad esempio sarebbe importante alleggerire dinamiche burocratiche connesse all’utilizzo degli spazi cittadini. Roma ha bisogno di riconnettersi con l’estero. Come è successo negli anni 60 e 70. C’è bisogno di progetti istituzionali che facciano accendere delle luci da fuori verso Roma, dall’estero verso di noi.
Come non essere d’accordo? E luci sulla città siano!