Protagonisti della serie ‘SketchBook’ su Disney+, i coreani Hyun-min Lee e Jin Kim ci raccontano la loro vita in Disney.
Svelare i segreti dell’animazione e, nello stesso tempo, raccontare la quotidianità di chi contribuisce a creare un personaggio animato. Se era questo l’obiettivo della serie SketchBook – Come nasce un disegno – su Disney+ dal 27 aprile – la produzione di Supper Club (già creatori di Chef’s Table) l’ha perfettamente centrato.
La serie in sei parti segue infatti alcuni dei talentuosi artisti dei Walt Disney Animation Studios mentre disegnano un personaggio a loro caro. Nello stesso tempo, mentre la matita si muove sulla pagina, gli animatori si raccontano. Scopriamo così che, dietro ogni disegno, c’è una storia di vita inimmaginabile. Un sogno nel cassetto diventato realtà.
Hyun-min Lee e Jin Kim – protagonisti rispettivamente degli episodi Olaf e Capitan Uncino – vengono da lontanissimo. Nati in Corea del Sud, per entrambi lavorare per la Disney sembrava un miraggio. Eppure, la tenacia e l’immaginazione li hanno alla fine condotti in un luogo che sembrava irraggiungibile. Jin Kim, in patria, viene ora chiamato il padre di Elsa, mentre Hyun-min Lee ha contribuito – tra le altre cose – a creare l’amatissimo Olaf.
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«Quando ero piccola la mia famiglia viveva in Corea, poi ci siamo trasferiti a Hong Kong e lì abbiamo comprato il nostro primo registratore vhs. – ci racconta Hyun-min Lee – I miei genitori ci portarono in un negozio di noleggio video. Mia mamma già amava i film Disney e credo che Robin Hood fosse il suo preferito. Così lo noleggiò. È stato il primo film Disney che ho visto. Ed è stato il mio primo amore. È speciale, per me».
Per Jin Kim, invece, galeotto fu Peter Pan. E, in particolare, il personaggio di Capitan Uncino che l’animatore ha scelto di disegnare nell’episodio di Sketchbook di cui è protagonista.
«C’è un legame speciale tra me e Capitan Uncino. – ci dice Jin Kim – Peter Pan è il primo film d’animazione che ricordo, l’ho visto al cinema quando avevo circa otto anni. Uncino era il mio cattivo preferito. Anni dopo, quando mi sono proposto alla Disney, mi chiesero di inviare qualche prova e mi mandarono il materiale di Capitan Uncino, con qualche dialogo. Non potevo crederci. Ce l’ho messa tutta e a loro sono piaciuto. Così è iniziata la mia carriera in Disney, quindi direi che devo molto a Capitan Uncino. E questo episodio è il mio tributo».
SketchBook: dalla matita alla telecamera
Il set di Sketchbook è semplicissimo, intimo, immobile. Ma per gli animatori non deve essere comunque stato semplice passare dall’altro lato della telecamera.
«È stranissimo vedermi in camera. – ci racconta Hyun-min Lee – O ascoltare la mia voce registrata. Ma è stato anche emozionante. A me piace sparire dietro il personaggio che sto disegnando, così può avere una luce propria. Ma credo che in giro ci siano tanti bambini che, come me, vogliono lavorare nell’animazione o nell’arte. E magari si chiedono come si possa fare, chi sono le persone che ce l’hanno fatta. Mi diverte pensare che qualcuno vedrà la serie e si farà un’idea di come lavoriamo in Disney».
E così Sketchbook finisce per essere un insieme di ricordi, di fatica e risate. Frutto di un meting pot che la Disney è stata capace di creare nei suoi Studios.
«All’inizio sicuramente è stato diverso. – ci spiega Jin Kim – Pensavo durasse un’oretta, che dovessimo far vedere i disegni e spiegarli al pubblico. Pensavo fosse un tutorial su come disegnare passo dopo passo. Invece son stato lì tutto il giorno. E poi sono timido e avevo intorno tutta la crew. Un’esperienza da ricordare, sicuramente».
Eppure, è proprio quest’esperienza che ci fa capire quanto il disegno – a dispetto della tecnologia – sia ancora il primo fondamentale passo dell’animazione.
«Inizia tutto dal disegno. – commenta Hyun-min Lee – Per tutti. Anche per chi lavora con l’animazione 3D. Tutti iniziano con una piccola matita o con una penna. Credo che molti di noi siano cresciuti trascorrendo ore intere a disegnare. È il nostro modo di esprimerci. La matita è il nostro dito. Connette la nostra mente al mondo esterno, con un processo molto intuitivo. Nell’animazione CG ci sono semplicemente più fasi, ma anche lì iniziamo e finiamo sempre con un disegno».
«La produzione ormai si basa molto sulla tecnologia. – aggiunge Jin Kim – Ma le fondamenta dell’animazione sono nel disegno nudo e crudo. Foglio e matita non hanno mai abbandonato i Disney Studios. Ed è importante che gli artisti siano appassionati, oltre ad avere talento. Io, ad esempio, disegno tantissimo ogni giorno. È la mia vita. Se non hai questa passione non puoi fare questo lavoro».
È una «magia» che prende vita da un foglio bianco. E che non può avvenire in altro modo.
La vita in Disney
Ma quanto è stato tortuoso il percorso per arrivare a creare personaggi ormai celebri nell’immaginario di chiunque?
«Per me lavorare in Disney è un sogno diventato realtà. – ci dice Hyun-min Lee – Sono cresciuta con i film e con questi personaggi e ora faccio parte di questa eredità, anche se sono una piccola parte di un grande ingranaggio. Quando vado in giro, vedo le persone innamorate dei personaggi che creiamo. Per me è un onore. Ed è incredibile che sia anche il mio lavoro».
«Faccio questo lavoro da 25 anni e sicuramente è stata un’avventura. – commenta invece Jin Kim – Disney è la storia dell’animazione. Sono qui per passare le mie competenze alla prossima generazione, come quella precedente ha fatto con me. Per tramandare la cultura disneyana, potremmo dire. Non credo che esista uno studio con una storia simile. A maggior ragione se pensi che io vengo da un paese lontano. All’inizio non riuscivo a comunicare bene perché l’inglese non è la mia lingua. Ancora faccio fatica. Ma il mio mezzo di comunicazione è il disegno e credo che sia così per tanti altri artisti».
Le sfide
Non tutto è rose e fiori, ovviamente. Hyun-min Lee parla ad esempio della «pressione di far parte di questa eredità». «Voglio fare un buon lavoro, migliorare sempre. – ci dice – Siamo tutti molto duri e critici con noi stessi, ma solo perché amiamo l’arte e la Disney. Quando le cose diventano difficili, vado al parco o al cinema per ricordarmi ciò che amo di questo lavoro».
Jin Kim ironizza invece sul soprannome assegnatogli in Corea del Sud.
«Sì, mi chiamano il papà di Elsa. – ride – Ma credo mi prendano in giro. Ci sono tantissime persone coinvolte nel processo e io sono solo uno di loro. La stampa in Corea mi ha presentato così e io rispondo sempre che Elsa ha almeno altri cinque genitori».