A palazzo Vitelleschi, sede del Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, l’esposizione ‘Poliedrogenesiosmosi’.
È stata inaugurata il 16 giugno, al Museo Nazionale Archeologico di Tarquinia, la mostra dello scultore Claudio Capotondi dal titolo Poliedrogenesiosmosi. Il cortile e il loggiato del secondo piano di Palazzo Vitelleschi accolgono una significativa selezione di opere dell’artista, che saranno visibili al pubblico fino al 18 agosto. Dalle sculture in porfido alla serie di poliedri realizzati in PVC e ai disegni, che evidenziano la costante ricerca artistica dello scultore. La rassegna è promossa dalla Società Tarquiniense d’Arte e Storia che, per il secondo anno consecutivo, rispondendo a un avviso pubblico di manifestazione d’interesse pubblicato dal Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia, ha voluto proporre una serie di iniziative culturali di grande qualità.
Tra queste rientra anche la personale di Capotondi, il cui taglio del nastro è avvenuto significativamente in concomitanza con le Giornate Europee dell’Archeologia. La manifestazione internazionale è coordinata in Italia dal Ministero della Cultura – Direzione Generale Musei, in programma dal 14 al 16 giugno. L’obiettivo è portare all’attenzione del pubblico la ricchezza e la varietà del patrimonio archeologico e delle attività a esso legate.
Nato a Tarquinia nel 1937, Capotondi ha lavorato a Roma e New York. Per grande parte della sua esistenza ha vissuto a Pietrasanta, dove ha realizzato e scolpito le sue sculture. Ha prodotto 19 opere d’arte pubbliche in Italia, Stati Uniti, Giappone e Libia. Ha tenuto mostre personali a Roma, Firenze, Torino, Carrara, Bari, New York, Parigi e Finlandia e mostre collettive in molte città d’arte del mondo. Nel 2000 ha ricevuto l’ambito Premio Michelangelo dalla città di Carrara. Le sue sculture si trovano in diverse collezioni pubbliche e private.
Poliedrogenesiosmosi di Claudio Capotondi a Tarquinia
«I porfidi sono i testimoni della sfida affrontata in solitaria nell’eremo di Pietrasanta. – afferma Capotondi – Al tempo della spavalda passione giovanile di totale dedizione e lontano dal presenzialismo nelle gallerie di Roma e New York e dalla precarietà dell’arte povera, la sfida a questa roccia magmatica effusiva intrusiva dal colore per me simbolico di sangue rappreso dell’umanità. Con disco diamantato, subbia al widia, scapezzino, mazzetta, martello pneumatico, unghietto, frullino e carte abrasive, ho lavorato in un capannone aperto».
«Quindi la sopraggiunta senilità e la scoperta ed utilizzo della nuova materia plastica del PVC (polivinilcloruro) e del collante cianoacrilato. Il tutto per immergermi nel mondo sconfinato dei poliedri nelle loro infinite combinazioni ed intrusioni. – continua – Infine, il privilegio di poter dare forma e corpo alla fantasia ribelle e nel dare un senso al non senso della vita. Gli obelischi ascensionali nella loro tensione verso lo spazio infinito». La mostra Poliedrogenesiosmosi ha il sostegno del Ministero della Cultura, il patrocinio della Presidenza e dell’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio, del Comune di Tarquinia, del Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia, e il contributo della BCC Roma Gruppo BCC ICCREA.