Il 20 marzo esce ‘Operazione Oro’, il nuovo Ep di Joan Thiele, che per la prima volta si cimenta con l’italiano. Ecco la nostra intervista.

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Il 20 marzo esce Operazione Oro, il nuovo Ep di Joan Thiele su tutte le piattaforme digitali e su etichetta Polydor/Universal Music/Undamento. Una nuova ‘fase’ per la cantautrice, che per la prima volta canta in italiano e affronta, in queste tracce, un vero e proprio viaggio interiore alla scoperta di se stessa.

Ciao Joan come stai? Hai deciso di far uscire lo stesso l’album nonostante il periodo assurdo che stiamo vivendo, raccontami come mai.
Devo dire che è stata un scelta istintiva e poco discografica. È stata una necessità. L’idea, inizialmente, era quella di farlo uscire in un momento più sereno per tutti. Però la verità è che se si ragionasse così, soprattutto nell’arte, non si farebbe più uscire niente. Mi sono chiesta se farlo uscire tra tre mesi, ma chi mi dice che tra tre mesi è tutto a posto? È un ragionamento un po’ strano, ma sentivo questo bisogno. In primis, per me stessa. Ci sto lavorando da un po’ di tempo ed è la prima parte di ciò che sto facendo. Mi sono poi chiesta che ruolo ha oggi la musica e che ruolo voglio darle io. Il musicista alla fine è questo. Io sono una mega fan di Joni Mitchell e delle cantautrici di quell’epoca. So che stiamo parlando di periodi storici molto diversi. In quel momento però era una necessità droppare musica. Cambiano i periodi storici e gli artisti, ma la musica resta comunque una necessità.

Non mi sembra un ragionamento così assurdo.
È una mia idea, lo sottolineo, ma effettivamente questa situazione è assurda. Dobbiamo stare in casa e siamo costretti a non poter vedere la nostra famiglia. Sono convinta che questo momento così delicato ci riavvicinerà anche un pochino, nella musica e nell’arte, ad ascoltare un po’ di più.

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La penso così anche io.
Ci aiuterà forse ad andare in profondità nelle cose. Senza nulla togliere alle hit estive, non ci sarà più quel discorso della stagionalità. Io sono un po’ poetica e la vedo in modo romantico, ma vorrei che ci fosse un ritorno all’ascolto.

Anche alla spontaneità dell’ascolto. E anche scrivere in italiano è stata una necessità?
Sì, è venuto inconsapevolmente. Non l’ho scelto. In realtà avevo già scritto il mio primo pezzo in italiano tempo fa, ma non l’ho detto a nessuno. Avevo chiuso i pezzi nel computer e aspettavo il momento giusto. La necessità è arrivata dopo che ho scritto Tango nel 2016, il mio primo EP. Il 2018 è stato un anno bello duro e mi sono trovata in una fase di cambiamento. A quel punto, al mare ho iniziato a scrivere in italiano. È stata la mia reazione. L’italiano è la mia lingua, quindi sarebbe dovuto succedere prima o poi. Questo non vuol dire che io non scriva più in inglese, anzi ho già qualcosa da parte che vorrò far uscire. Questa sensazione di scrivere anche nella mia lingua però in questo momento si è naturalizzata.

La tua musica subisce molto influenze internazionali, ma trovo questo EP molto intimista. Non so se in questo l’italiano ti ha favorito.
Forse non mi sono mai aperta così tanto. È un EP piccolino, perché è solo una prima parte. Se apro il mio archivio ho davvero tante canzoni. Ho scritto tantissimo. Ho cercato di mettere in Operazione Oro le primissime canzoni che ho scritto e, in effetti, mi vedo molto ingenua. Penso a brani come Bambina. Sono tracce molto fanciullesche, molto chiare e dirette. Sentivo la necessità di essere in quel modo, di non dovermi sempre sentire in colpa e provare ad essere me, davvero.

C’è un filo diretto con te stessa. Il titolo ha comunque un risvolto positivo.
Operazione Oro è nato dalla mia grande passione per le colonne sonore, che ho integrato anche concettualmente all’interno dell’EP. Ho visto questo Operazione Oro come un vero e proprio titolo cinematografico, una colonna sonora della mia vita. L’oro è comunque nell’immaginario comune il figlio della terra, la cosa più preziosa che c’è. Mi piace come metafora del ritrovamento di sé. Mi sono immaginata all’interno di un film di 007.

Apprezzo il risvolto positivo della ricerca di se stessi. Invece come hai lavorato con Zef? A livello sonoro questo EP è pieno di chicche.
L’idea di avere questo suono è nata due anni fa. Ho cercato di unire i miei riferimenti musicali – dall’hip hop all’r’n’b di Frank Ocean – alla nostra cultura madre. Da Piero Piccioni fino a Mina, contaminata con Ornella Vanoni e Toquinho. Sono cose apparentemente lontane, ma che aveva senso per me provare a riunire. Non so se ci sono riuscita, ma nella mia testa questo era l’intento. Quindi ho volute ricreare una sorta di album che fosse una colonna sonora, una sorta di cinema pop, un mix. C’è stata tanta ricerca di ascolti per trovare la congiunzione tra i due mondi. Ho fatto molti provini perché produco, poi ho conosciuto Zef e il primo pezzo che è venuto fuori è stato Le Vacanze. L’ho iniziato a Londra e la bellezza di quel pezzo è che senti dentro la voce delle persone. C’è un’energia molto forte, è stato molto spontaneo. Ho preso tutto, l’ho portato da Zef per cercare di avere un filo conduttore. Ho lavorato a tutti i pezzi con lui, tranne Viso Blu che ho fatto da sola e gli stacchetti, che per me erano comunque parte importante dell’EP.

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