La mostra all’Ambrosiana di Angelo Accardi apre nuovi scenari: ma gli art crimes non sono nuovi agli storici dell’arte (e non solo)

I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano: è singolare che anche questa celebre frase, divenuta il manifesto di chi fa del riferimento alle opere altrui un’arte, sia a sua volta un “furto”. La frase viene attribuita a Pablo Picasso, ma in realtà di questa paternità non c’è alcuna certezza: sicuramente Steve Jobs, che la citò più volte, ha contribuito a farla entrare nell’immaginario popolare come una esternazione del grande pittore (il quale sembra invece aver detto, molto più prosaicamente: “se c’è da rubare io rubo”)

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In realtà già nel 1920 il poeta premio Nobel T.S Eliot aveva scritto “I poeti immaturi imitano; i maturi rubano”, ma frasi simili sono state attribuite anche a William Henry Davenport Adams, a Stravinskij e a Faulkner.

La storia di Suzanne Valadon e il citazionismo di Alessandro Michele

Citare, rubare, copiare? Sicuramente rielaborare, fare propri, interpretare sono verbi che riguardano da vicino l’immenso mondo della creazione: c’è una storia bellissima, raccontata da Annamaria Testa su Internazionale, di come la pittrice Suzanne Valadon abbia imparato a dipingere osservando da vicino Degas, Toulouse-Lautrec, Renoir ed altri grandi di cui era modella e in qualche caso amante, riuscendo a diventare nel 1894 la prima donna ammessa alla Société nationale des beaux-arts.

Ma anche ai giorni nostri un grande della moda come Alessandro Michele, già art director di Gucci, oggi Valentino, afferma: “Sono spudorato. Per me creare vuol dire rigurgitare, stravolgere e assemblare tutto ciò da cui sono stato e sono costantemente attraversato”

Crimini d’arte, chi è innocente scagli la prima pietra (cit.)

Si può quindi parlare di crimini d’arte? Forse è più corretto indagare, come farebbe l’ispettore Clouseau, tornando anche molto indietro nella storia: all’Ambrosiana di Milano Angelo Accardi, artista citazionista e grande esponente del Pop Surrealism, espone la sua versione della Scuola di Atene di Raffaello, dove riconosciamo tra gli altri Duchamp, Bacon, Velasquez, Dali, Warhol, Picasso come “colpevoli” di crimini d’arte, rei quindi di essersi ispirati ad altri per comporre la loro arte rimasta immortale.

Così come Tiziano completa la Venere dormiente di Giorgione, così simile alla sua Venere di Urbino, Pablo Picasso (sempre lui) cita le maschere africane nelle sue Demoiselles d’Avignon, Francis Bacon rielabora l’Innocenzo X di Velasquez rendondolo una maschera deformata ed angosciante ed Andy Wharol prende le immagini della cultura pop per elevarle ad arte: dove si nasconde il genio? Dove termina la citazione ed inizia la creazione?

E soprattutto, ci sono artisti che possono dirsi innocenti di fronte a questi crimini d’arte? Non Accardi, che infatti si posiziona nella “sua” Scuola di Atene accanto ai molteplici volti del passato e del presente sospettati di furto.

Citazionismo o furto?

D’altronde il Citazionismo, conosciuto anche come Appropriation Art, esiste proprio come corrente artistica che ha il pregio di aver ridefinito il rapporto tra originalità e riproduzione, perchè si è sviluppato ed imposto come reazione al dominio dell’arte concettuale, proponendo un ritorno alla manualità, all’uso del colore e della pittura.

A livello internazionale, uno dei momenti chiave per il Citazionismo fu la mostra dedicata alla Nuova Oggettività, tenutasi a Mannheim nel 1925. In Italia, invece, il 1984 segnò la consacrazione del movimento alla Biennale di Venezia, dove la corrente denominata Anacronismo, sviluppatasi tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ‘80 del 900, divenne una delle espressioni più rappresentative della cultura postmoderna.

Il Citazionismo si fonda sull’idea che, con la caduta del mito dell’Avanguardia e la diffusione della riproduzione tecnica, l’arte possa confrontarsi con l’intero bagaglio della tradizione senza più distinzioni diacroniche o gerarchiche. Come corrente artistica presenta punti di contatto con numerosi movimenti artistici, tra cui realismo, neoclassicismo, espressionismo, dadaismo e surrealismo.

Alcuni artisti si sono spinti oltre la semplice citazione, arrivando al “furto” di opere preesistenti per ridefinire il concetto di copia e originale. Un esempio è Sherrie Levine, che ha rifotografato celebri immagini di Walker Evans e Karl Blossfeldt, firmandole con il proprio nome, sollevando questioni sull’autenticità dell’opera d’arte. Mike Bidlo, invece, ha riprodotto fedelmente capolavori del XX secolo, da Picasso a Duchamp, problematizzando il concetto di paternità artistica.

Art Crimes, le parole del curatore Florenzano

Così Nino Florenzano, curatore della mostra Art Crimes, parla di come Angelo Accardi ha pensato ed immaginato la sua Scuola di Atene, fra crimine e arte, fra citazione e creazione: “Ogni opera nasce da un’altra: l’arte è un dialogo senza tempo, in cui i confini tra ispirazione, omaggio e appropriazione si dissolvono. Da Leonardo a Duchamp, da Picasso a Bacon, il gesto artistico è spesso un atto di sottrazione e trasformazione. Ogni capolavoro è una traccia che si rigenera nel tempo. L’arte si nutre di citazioni e trasformazioni: ogni artista rielabora il passato, ruba frammenti di idee e li reinventa. Mentre l’ispettore Clouseau indaga su questi furti impossibili, le prove si moltiplicano.

Mentre Cattelan rivisita il concetto di ready made, Picasso si ispira alle maschere africane, dando vita a un linguaggio che rivoluziona la rappresentazione del volto umano. Socrate, immerso nel dialogo con l’Intelligenza Artificiale, si confronta con un sapere che non pensa, ma apprende e rielabora, un riflesso del passato trasformato in algoritmo. Questi furti sono atti di creazione, dove ogni nuova visione si costruisce su quella precedente, lasciando Clouseau a inseguire un enigma che non avrà mai fine”.

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