E’ stato Marcel Duchamp a “sfregiare” l’opera più conosciuta del mondo: ma di sfregio si tratta?

Chissà se Lisa Gherardini, che tutto il mondo conosce con l’appellativo di Gioconda, avrebbe mai immaginato di diventare il simbolo dell’arte mondiale: sicuramente no, anche perchè dopo secoli non c’è nemmeno ancora certezza che la donna immortalata su quella piccola tela dalla storia così appassionante sia proprio lei. A far diventare la Gioconda il quadro più famoso del mondo è stato infatti anche il mistero che circonda la tela e il suo esecutore, il grande Leonardo Da Vinci, un genio assoluto da sempre al centro di ipotesi di ogni genere.

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In qualunque modo sia andata, oggi la Gioconda, conservata al Louvre, è il simbolo dell’arte per eccellenza: e come tale negli anni è stata messa in discussione, destrutturata, ribaltata e anche scarabocchiata. Ebbene si, esiste una versione (non l’originale, ovviamente) della Monna Lisa con i baffi e il pizzetto che non è lo scherzo di un bambino, ma l’espressione di una corrente artistica, il Dadaismo, e di uno dei suoi maggiori esponenti, Marcel Duchamp.

Marcel Duchamp, come si arriva ai baffi sulla Gioconda

Marcel Duchamp, artista stravagante e pieno di estro ma soprattutto pilastro dell’arte contemporanea come la conosciamo oggi, ha inventato il concetto di ready-made, ovvero l’utilizzo di oggetti pronti, “confezionati”, estrapolati dal loro contesto e resi opera d’arte tramite la semplice selezione degli stessi da parte dell’artista. Spontaneamente la sua opera confluì nel Dadaismo, un movimento che nacque come avanguardia artistica all’inizio del XX secolo a Zurigo, da un gruppo di artisti che rigettavano gli standard e le convenzioni artistiche tradizionali, producendo opere che andavano contro l’estetica e rifiutavano la ragione e la logica in favore dell’intuizione.

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L’intento di Duchamp è attaccare la società occidentale e il suo potere amministrativo, politico, militare e accademico attraverso una rivoluzione pacifica e concettuale, che mettesse in discussione, denigrasse o addirittura ridicolizzasse il valore delle istituzioni e delle regole.

Mettere i baffi alla Gioconda significava dissacrarla: non a caso la riproduzione fotografica di Duchamp, che risale al 1919, è intitolata  L.H.O.O.Q, una sigla che indica più o meno “donna di facili costumi”: l’acronimo sta per  “Elle a chaud au cul“, che colloquialmente significa “Lei si concede facilmente“. Un’altra interpretazione vede invece l’acronimo indicare la parola “look”, guarda. Della Gioconda Duchamp realizzò anche un’altra versione, questa “rasata”, L.H.O.O.Q. Shaved, del 1965.

Ma perchè Duchamp mette i baffi alla Gioconda? Intanto non è stato il primo a “mettere le mani” sulla Monna Lisa:  per l’esposizione delle Arti Incoerenti del 1883, Eugène Bataille aveva già effettuato un’insolita modifica al celeberrimo quadro, inserendo una pipa (La Joconde fumant la pipe).

Un art crimes nell’art crimes…

Duchamp odiava la Gioconda?

Ma Duchamp disprezzava la Gioconda, o Leonardo Da Vinci, o quel modo di fare arte? Assolutamente no: il suo intento non è sfregiare un capolavoro, ma contestare la venerazione che gli è tributata passivamente dall’opinione comune. E ancora, ferire nell’orgoglio un pubblico che non è più in grado di di riconoscere tra originale e riproduzione, evidenziando come la riproduzione non ha carisma, è un fatto industriale, e può essere impunemente manipolata.

“La Gioconda è così universalmente nota e ammirata da tutti che sono stato molto tentato di utilizzarla per dare scandalo. Ho cercato di rendere quei baffi davvero artistici”, ha dichiarato Marcel Duchamp, ironicamente ma non troppo.

Possiamo parlare di un Art Crimes? Sicuramente per Duchamp la Gioconda di Leonardo è stato una grande, immensa fonte di ispirazione: tanto da voler fare un gesto che per l’epoca non era affatto scontato o semplice, scarabocchiarla come avrebbe fatto un bambino. Un modo per attirare l’attenzione, proprio come fanno i bambini: oppure come oggi vediamo fare ai gruppi di protesta per l’ambiente, che fingono di sfregiare le grandi opere d’arte.

Il Dadaismo, una risposta agli orrori della seconda guerra mondiale

Nato nel 1916 a Zurigo, in piena Prima Guerra Mondiale, il Dadaismo non è solo un movimento artistico, ma una vera e propria protesta contro la società e la sua distruzione causata dal conflitto. Il suo nome, “Dada”, sembra derivare da una parola scelta a caso da un dizionario, a simboleggiare il rifiuto di ogni logica o regola prestabilita.

Artisti come Tristan Tzara, Hugo Ball, Marcel Duchamp e Hans Arp trasformano il non-senso, il caso e l’ironia in strumenti di rivoluzione artistica. Le loro opere sfidano la tradizione e la razionalità: poesie senza significato, collage fatti di immagini ritagliate a caso, performance assurde e provocatorie.

Il Dadaismo non si limita alla Svizzera ma si diffonde a Berlino, Parigi e New York, contaminando pittura, poesia, teatro e perfino la musica. Tuttavia, come ogni ribellione, non dura a lungo: nel 1924, molti dei suoi esponenti confluiscono nel Surrealismo, un movimento più strutturato.

Ma il Dadaismo lascia un segno indelebile: senza di lui, l’arte concettuale, la street art e tante espressioni contemporanee non esisterebbero.

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