Socrate oggi: come se la caverebbe il filosofo del dubbio con l’Intelligenza Artificiale? Angelo Accardi, nella sua mostra Art Crimes, ci ha spinto a chiedercelo

Non ha mai scritto nulla di suo pugno, eppure le cose che ha detto hanno attraversato i secoli arrivando fino a noi: quando si parla di conoscenza, verità, dibattito si parla di Socrate, una delle figure più enigmatiche e affascinanti della filosofia occidentale, e nei nostri discorsi tornano le sue strategie come una conoscenza atavica, ancestrale, già insita nell’essere umano.

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Come dicevamo, Socrate non ha lasciato testimonianze scritte ma altri – soprattutto i suoi discepoli Platone e Senofonte – lo hanno fatto per lui.

Uno degli episodi più celebri della vita del grande filosofo riguarda l’oracolo di Delfi. Un giorno, il suo amico Cherofonte chiese alla Pizia se esistesse qualcuno più saggio di Socrate. La risposta dell’oracolo fu sorprendente: “Nessuno è più saggio di Socrate.”

Quando Socrate venne a sapere di questa affermazione, ne fu turbato. Lui stesso si considerava ignorante, quindi come poteva essere il più saggio di tutti? Decise allora di verificare il responso dell’oracolo interrogando i più celebri sapienti di Atene: poeti, politici, artigiani. Scoprì che molti di loro credevano di sapere tutto, ma in realtà le loro convinzioni erano fragili e basate su presupposti errati. A quel punto, Socrate comprese il senso delle parole dell’oracolo: la sua superiorità risiedeva nel fatto che sapeva di non sapere, mentre gli altri ignoravano persino la loro ignoranza.

Socrate, la maieutica e l’AI

Socrate era un vero e proprio chiacchierone: a quanto pare passava le giornate per le strade di Atene, al mercato o nei luoghi pubblici, dialogando con chiunque fosse disposto a confrontarsi con lui. Il suo metodo era quello della maieutica, ovvero l’arte di far emergere la verità attraverso il dialogo e le domande.

Possiamo immaginare oggi un dialogo di Socrate con l’Intelligenza Artificiale? Questo cervellone senza nome né volto, che fagocita le interazioni umane e elabora velocissima i dati e con cui siamo abituati a interfacciarci appunto facendo domande?

L’obiettivo di Socrate non era dare risposte, ma stimolare la riflessione: l’Intelligenza Artificiale invece fonda la sua stessa esistenza sul dare risposte. Socrate, che è riuscito a parlare con tutti, riuscirebbe a farlo anche con Chat GPT?

Dopo poche battute probabilmente il grande filosofo capirebbe di star parlando con “qualcuno” che non detiene una vera e propria conoscenza, ma è solo un insieme di dati messi in forma di dialogo umano. Non si accontenterebbe di risposte definite, ma spingerebbe l’IA e chi la interroga a esplorare i limiti della conoscenza e della coscienza. Paradossalmente, l’IA potrebbe rivelarsi un perfetto interlocutore socratico: un’entità che, pur avendo accesso a tutto il sapere umano, è costretta ad ammettere di non sapere nulla nel senso più profondo.

Forse, alla fine del dialogo, Socrate si troverebbe davanti a un nuovo oracolo di Delfi, una macchina che fornisce risposte in modo imparziale, ma senza una vera saggezza. E, come faceva con gli uomini della sua epoca, continuerebbe a porre domande.

Dopotutto, l’intelligenza artificiale può calcolare, correlare e prevedere, ma solo l’essere umano può veramente interrogarsi sul senso delle sue risposte.

L’Art Crimes

Socrate ruberebbe qualcosa all’Intelligenza Artificiale? O molto più probabilmente sarebbe l’AI ad attingere a piene mani dalla sua sapienza, dal suo modo di articolare il discorso, dalla potenza del suo dialogo? Un’intelligenza artificiale allenata da Socrate rischierebbe di diventare veramente temibile.

All’interno della mostra Art Crimes, all’Ambrosiana di Milano, il maestro del citazionismo Angelo Accardi ha deciso di “saccheggiare” il cartone di Raffaello e restituirlo al visitatore attraverso la lente deformante del pop surrealismo dando vita – a pochi passi dall’originale – a un pantheon contemporaneo dove Duchamp, Bacon, Velázquez, Dalì, Warhol, Cattelan, Picasso si aggiungono agli artisti ritratti da Raffaello. Fra questi compare anche il nostro Socrate, impegnato nel suo dialogo impossibile con l’Intelligenza Artificiale: i due insieme potrebbero essere più pericolosi di quanto pensiamo!

Il processo, la cicuta, l’eredità di Socrate

Conosciamo tutti la fine di Socrate: nel 399 a.C. fu accusato di corrompere i giovani e di non credere negli dèi della città, accuse che nascevano dal suo essere inviso ai potenti ateniesi che lo consideravano un sovversivo, uno che non si accontentava delle convinzioni comuni ma che voleva andare sempre più a fondo.

Durante il processo Socrate non negò nulla e disse che il suo ruolo era quello di una tafano un insetto fastidioso che punge il cavallo per impedirgli di addormentarsi: lui pungeva la città, costringendo i suoi cittadini a pensare e a non adagiarsi su credenze superficiali.

I giudici, infastiditi dalla sua ironia e dalla sua ostinazione, lo condannarono a morte. Gli amici gli suggerirono di fuggire, ma Socrate rifiutò: accettò la condanna bevendo la cicuta, coerente fino alla fine con la sua filosofia di vita.

Socrate morì, ma il suo pensiero non venne mai dimenticato. Platone, suo allievo, trasformò i suoi insegnamenti in dialoghi filosofici, dando vita alla grande tradizione della filosofia occidentale.

L’insegnamento più grande che ci ha lasciato è quello della ricerca continua della verità. La conoscenza non è qualcosa di fisso, ma un processo infinito, fatto di domande e confronti. E forse, ancora oggi, dovremmo tutti imparare da Socrate a mettere in dubbio le certezze e a non avere paura di riconoscere i nostri limiti.

Ascolta il podcast Art Crimes Dialogues

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