“L’artiglieria di cui disponiamo è l’alfabeto”. Ed è non a caso un Alfabeto Resistentequello che accompagna e, per molti aspetti, definisce Munizioni, nuova collana in casa Bompiani diretta da Roberto Saviano. Dalla A di Amore alla Z di Zelo, passando per Bellezza, Informazione, Libro, Resilienza e Urgenza, le chiavi che introducono al progetto editoriale designano una combinazione che mette al centro la parola e chi non ha smesso di trasmetterla mettendo a rischio la propria stessa vita.
I primi due volumi editi sono la traccia più evidente di quella che dovrebbe essere la linea editoriale di Munizioni, una collana che si presenta come una officina in costruzione. E si parte con una coppia di titoli coraggiosi: Di’ la verità anche se la tua voce trema della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia uccisa in un attentato nel 2017 e Fariña. La porta europea della cocaina del giornalista investigativo Nacho Carretero.
A presentare questa nuova impresa è lo stesso Saviano che ha fortemente desiderato l’incontro con alcuni rappresentanti del mondo web. “Ci tenevo a questo ci incontro per parlare con chi comunica sui libri anche attraverso i propri profili social, come intuizione individuale – esordisce lo scrittore – Oggi, sono i veri mediatori con i lettori e io stesso cerco profili e precorsi che possano moltiplicatore le mie diottrie, pure grazie a chi racconta generi diversi dal mio come il fantasy.”
Credo che lo spazio di Intagram e dei vari social possa essere occasione di approfondimento e interlocuzione culturale. E chi decide di parlare di libi in rete ha scelto l’oggetto meno virale che esista.
Il “libro sacro” di Daphne Caruana Galizia
Inaugurare Munizioni con un volume della Galizia è frutto di una scelta precisa che Saviano spiega così: “Il libro di Daphne è per me importantissimo e vi chiedo un atto di partecipazione: è la vendetta, secondo me, contro la sua morte. C’è stato molto silenzio attorno a lei, uccisa con quattrocento grammi di tritolo. Sembra poco se confrontato alla quantità usate in altre stragi ma dà l’idea di come quell’attentato dovesse disintegrare completamente una donna sola, su cui hanno testato ogni tipo di diffamazione.
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Le hanno dato della strega, della cicciona, della sfigata, della abbandonata; contro di lei hanno usato qualunque armamentario da odiatore usato dai governi e dalla stampa maltese.” Il motivo di tutto questo fango emerge dagli articoli della Galizia, che raccontava i lati oscuri dell’isola, dalla vendita della cittadinanza per entrare in Europa “attraverso il buco nero del continente” alla corruzione locale e al narcotraffico.
“Daphne stava lavorando a questo libro prima di morire e sognava di raccogliere i propri scritti pubblicati sul suo blog, che era lettissimo; lei stessa sentiva che quello che scriveva rischiava di perdersi, di sfilacciarsi. Da qui l’idea di un libro.” Ecco allora l’anello di congiunzione tra la pagina di un sito e quella di carta. “L’incontro tra online e la carta nel formato libro è un tempo, uno spazio di continuità, e il quale i figli di Daphne hanno contribuito a portare a termine questo sogno.”
Ho sempre desiderato una collana sulla parola perseguitata e su chi rischia per scrivere. Per questo dico che Di’ la verità è la vendetta su chi voleva spegnere questa voce. Per me è un libro sacro.
Anche il fatto di aprire una collana con una firma femminile è, in fondo, un atto di coraggio con cui si definisce la forte matrice femminile dell’intero progetto Bompiani: “La Galizia non si è mai nascosta come donna, anzi ci ha messo tutto il proprio corpo. Si ribatte tanto sulla questione femminile e in questo caso c’è una giornalista che continuamente fa riferimento al suo essere donna in modo straordinariamente originale. Quello di chi ha scelto di costruire una famiglia e sa che i propri figli pagheranno un prezzo, ma nonostante questo non indietreggia.
Ma c’è anche un altro versante femminile di cui parla la stessa Daphne che diceva: ‘le donne sanno che devono combattere per i propri diritti e in quanto donna io vado alla radice delle cose: ovvero scavo nella situazione economica in cui viviamo’. Nella sua storia c’è tutto il racconto di come la pressione fiscale sia addosso a chi non può andarsene. Chi ha potere e soldi, invece, scappa. A Malta se paghi un milione di dollari hai la cittadinanza e diventi europeo: questo Daphne ha raccontato e per questo ha pagato.”
Il volume con gli scritti della giornalista esce come prima mondiale proprio in Italia ed è un motivo di grande orgoglio per Saviano: “Sono molto felice perché Malta guarda molto all’Italia e in queste pagine c’è una storia che sta nel cuore del Mediterraneo ma che ha dentro di sé anche il rapporto con Inghilterra, per esempio. Spero che questo libro posa essere protetto, sostenuto, difeso. “
Chi ama di più il proprio Paese, chi racconta quello che succede o sta zitto e lascia che il territorio venga divorato?
Parole come Munizioni: la lotta di Roberto Saviano
Non solo Daphne. Anche Nacho Carretero ha usato la propria parola come forma di lotta senza nascondersi dietro la maschera dell’anonimato. “Nacho racconta il narcotraffico in Spagna e cita per nome le persone coinvolte, portando allo scoperto una storia di cui non si parlava. La Galizia, infatti, non si sente territorio di mafie e narcotrafficanti. Il giornalista, invece, racconta questa trasformazione e il suo libro descrive pezzo di Paese: è la Spagna che cerca di raccontarsi e lo fa molto più coi libri che coi film. Ovviamente i suoi testi ha creato un gran casino e hanno diviso il Paese.”
A fronte di queste intense storie di vita e contemporaneità, dall’esito anche tragico, è evidente come i primi due titoli di Munizioni definiscano l’ambizione dell’intera collana. “È il racconto della realtà senza mediazione, frontale, diritto. – dichiara apertamente Saviano – Per me la parola e come munizione spuntata, di quella che non segna la morte ma dà la vita. È la parola di ingaggio, la parola che porta alla morte; è capire fin dove può arrivare parola di chi rischia scrivendo.”
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Inevitabile riflettere, a questo punto, sull’impegno dello stesso Saviano, alle prese ogni giorno con la fortuna e insieme la condanna di essere vivo. “La morte civile è l’obiettivo dei tuoi nemici che setacciano tutta la tua vita; è qualcosa che mi porto dietro da anni perché il loro tentativo è sempre quello di costruire cazzate cecando di abbassare il tuo volume e costringerti a rispondere.
La maggior parte delle cose dette non esiste, la tua vita è blindata e quindi devono inventare. Se tu prendi una posizione giusta devi essere irreprensibile, anzi devi avere la vita di Siddharta. Se pensi di poter lavorare cambiando le cose, la prova della tua sincerità dovrebbe essere avere costato pieno di sangue o vivere senza soldi. Se vivi una vita normale, ti accusano di non essere credibile ai loro occhi. Quando cerchi di riformare sei aggredito perché la tua sincerità sarebbe messa in crisi dal fatto di guadagnare. Vince l’insulto su qualsiasi riflessione razionale.
Poi c’è l’odio dovuto alla fama per cui quando diventi famosi diventi importante da massacrare. E non si cono amici fra gli scrittori tranne qualche eccezione. Vado avanti resistendo ed è questa la mia vendetta personale, come in una guerra. Post per post e articolo per articolo, mettendoci il sangue e volendo raggiungere più persone possibile, non certo per il guadagno. Questo libro è un atto fisico perché chi legge ridà fiato a quelle parole.”
Il fatto di voler arrivare a più persone anche via social ha come obiettivo quello di rendere la parola una forma di resistenza. Non mi importa la parola di intrattenimento, o almeno non mi riguarda come scrittore.
Dal virtuale al reale, sappiamo bene, che il passo è breve e in questo senso la parola può mantenere il suo impegno di verità anche nella liquidità della rete. “Il mio modo di concepire il libro è come lotta. Ci sono libri lontanissimi da questo, ovviamente, e molti non hanno la mia visione. Non è certo sufficiente la militanza per rendere un libro di qualità né un libro importante deve essere necessariamente bello né è il numero che ne battezza l’autorevolezza.
Quello che cerco io è quel gioco tra bellezza e inferno: esiste la bellezza e l’inferno dei viventi. La bellezza della parola, di un pensiero o della pagina è qualcosa che vorrei rimasse fedele all’inferno di questo mondo. E queste munizioni possono far molto nel diffondere conoscenza e il web può essere una risorsa: la storia di Daphne, senza la rete, non sarebbe esistita e la sua comunità di lettori è stata la sua difesa, ha fatto paura.”
Il web è il mezzo di diffusione istantanea di merda ma quel follower che ti dedica il proprio tempo è il più fedele e, per questo, penso che lo spazio di approfondimento che i social possono costruire sono spazi in cui la parola viene difesa nel luogo stesso del fango e della merda per antonomasia.
Come mantenere, quindi, la parola a baluardo del vero? “Abbiamo armi spuntate, è vero, ma la nostra forza è approfondire e condividere, non è cosa inutile. Di fronte al complesso del complotto devi rispondere mostrando il tuo lavoro, pezzo per pezzo. Tutto partecipa a un mosaico di resistenza: questo lavoro, fatto di piccole, è il capitale del cambiamento.” E se non succede oggi o domani, sarà il tempo a dare ragione della testimonianza condivisa con onestà civile, sociale, umana.