Nell’ultimo venerdì di febbraio 2020 è uscito Io sono Fasma, secondo album del romano Tiberio Fazioli che il pubblico televisivo ha imparato a conoscere sul palco del Festival di Sanremo nella sezione Nuove Proposte. La sua Per sentirmi vivo, infatti, si è guadagnata un posto all’Ariston raccontando di una speranza ritrovata attraverso un linguaggio senza alcun fronzolo.
Il progetto di cui la traccia fa parte esprime compiutamente quella stessa voglia di esprimersi, senza rimanere vincolati in categorie di genere. Undici i brani in tracklist, nei quali Fasma ha collaborato anche con la sua storica crew WFK.
Partiamo dal Festival di Sanremo, un palco certamente importante e una vetrina altrettanto considerevole. Pensi di essertela giocata come volevi? Come hai vissuto il meccanismo della sfida diretta?
Penso di essermela giocata come volevamo. Sopra a quel palco non ero solo, c’era anche GG con me e dietro a quel palco c’era Tommy e tutto il nostro team. Ce la siamo vissuti tutti insieme, siamo arrivati per partecipare e per giocare al nostro gioco, non per vincere.
Non ci serviva un premio per sentirci vincitori, la nostra vittoria più grande è stata salire sopra quel palco e il modo in cui ci siamo saliti.
Alle spalle c’è stata l’avventura di Sanremo Giovani: che tipo di esperienza è stata per te, anche in relazione alla possibilità di confrontarti con artisti tuoi coetanei?
Chi viveva il festival secondo me non percepiva la competizione. Per fortuna tra noi giovani c’è sempre stato molto rispetto, non c’è mai stata competizione, né odio o astio. Siamo tutti artisti emergenti e automaticamente ci siamo posti come tali. È stato bello vedere che c’era tanto rispetto artistico ma soprattutto umano, non penso che l’affermarsi significhi dover diventare più arroganti.
Da venerdì 28 febbraio è disponibile l’album Io sono Fasma, che già dal titolo è una bella dichiarazione d’identità. Chi è Fasma, o meglio chi è Fasma in questo disco?
Sicuramente Fasma sono io però in questo disco vado a parlare di una nuova idea di Fasma. In verità è l’idea principale da cui è partita l’idea di Fasma: vedere Fasma non come una persona, uscire dai canoni e dalle connotazioni fisiche che Fasma comporta e vedere Fasma come un’emozione, una sensazione e uno stile di vita. Il nostro stile di vita: quello di essere se stessi e di portare avanti se stessi in ogni occasione.
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Quali sono state esperienze ed occasioni da cui sono scaturite le tracce dell’album?
Ogni traccia dell’album è nata da una nostra realtà. Quando io vado a scrivere e quando GG va a produrre partiamo da una realtà, da quello che ascoltiamo, da quello che siamo e da quello che vogliamo esprimere. Ogni canzone non è mai scritta a tavolino, abbiamo sempre voluto presentare quello che eravamo con pochi pensieri ma molta espressione, un po’ come se fosse un flusso di coscienza.
E come sono nate le collaborazioni?
Le collaborazioni sono nate in maniera molto naturale, come ogni traccia del disco. I tre artisti fanno parte di WFK, la nostra casa discografica, ma soprattutto sono artisti che rispetto non solo a livello musicale ma anche come persone. Quest’album parte dalla nostra realtà e non c’era maniera migliore di condividerla se non con chi la vive con me ogni giorno.
C’è un messaggio in particolare di questo lavoro che vorresti arrivasse al pubblico?
Ritengo che questa musica sia un metodo per riuscire a entrare dentro la storia di ognuno. Il messaggio reale è essere se stessi, come noi lo siamo in ogni traccia.
Questo è il tuo secondo progetto discografico, dopo aver debuttato con Moriresti per vivere con me che ha oltre 40 milioni di riproduzioni in streaming. Contano per te i numeri?
Credo che i numeri siano uno spettro della realtà e di quello che sta succedendo, sono relativamente importanti. Penso che la vera vittoria non sia fare i numeri con una traccia ma riuscire a portare avanti un discorso, vedere le persone che riescono ad ascoltare tutto un album. È come creare un rapporto di amicizia con chi ci ascolta.
Alla base della crew c’è l’amicizia. L’abbiamo fondata io, GG e Tommy per esprimere noi stessi e per riuscire a dare una possibilità a qualcun altro. Siamo partiti da un concetto mentale e vedere che questo concetto oggi è realtà significa che si può sognare.
Tornando infine al Festival, fin dalle esibizioni per Sanremo Giovani hai mostrato al pubblico di saper riempire il palco con performance molto intense. Cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi live?
Quello che è successo sopra quel palco, cioè quello che sono senza maschere. Quando arrivo sopra a un palco voglio far vedere chi sono e non quello che la gente vorrebbe vedere. Spero di creare un rapporto di empatia con il mio pubblico e non semplicemente di mettere in atto un’esibizione.
Foto di Fabrizio Cestari da Ufficio Stampa Valentina Aiuto