Mostro pubblica a sorpresa l’album ‘Sinceramente Mostro’, in cui si racconta senza filtri e senza limiti. Ecco la nostra intervista.

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Dopo un iniziale rinvio a causa dei disequilibri che stanno colpendo il mondo musicale e discografico per l’emergenza sanitaria in Italia, Sinceramente Mostro (Honiro Label) – il nuovo album di Mostro – è uscito a sorpresa martedì 3 marzo su tutte le piattaforme digitali. L’uscita del disco fisico è confermata per il 27 marzo, così come la partenza del The Warriors Tour domenica 19 aprile da Milano. Ecco cosa ci ha raccontato Giorgio Ferrario – in arte Mostro – sul nuovo progetto.

Ciao Giorgio, inizierei da questa sorpresa che hai fatto ai tuoi fan. Come mai hai deciso di rilasciare – a sorpresa – Sinceramente Mostro?
Mi sono reso conto che la mia musica non può aspettare. Gli instore e gli eventi live sono stati rimandati per motivi legali e su questo non ho potuto farci niente, ma – per quanto riguarda la musica – non potevo obbligare i miei fan ad aspettare. Era una scelta che non potevo permettermi e quindi ho voluto fare questa sorpresa.

Diciamo che nella battaglia Mostro contro Coronavirus, ha vinto Mostro.
Per adesso sì, perché sto bene e non tossisco.

Ho ascoltato l’album ed effettivamente ero anche io molto curiosa. Partirei dalla traccia iniziale, Nuova Luce, che considero in tutti i sensi un’introduzione. Parli di un nuovo te, in cosa ti senti nuovo sia umanamente che artisticamente?
Questo disco l’ho scritto con un approccio iniziale completamente diverso rispetto a quello dei precedenti album. Mi sono imposto di dover raccontare il mio presente, perché finalmente mi sono reso conto di essere arrivato a un livello in cui – grazie anche al mio lavoro, a quello che faccio e alla mia carriera come rapper – sono soddisfatto della persona che sono e sono sicuro di me stesso. Di conseguenza, in questo disco per la prima volta – anziché prendere ispirazione dal mio passato e riguardare alcune cose con un po’ di aggressività – non volevo assolutamente tornare indietro. Volevo fare un disco che andasse nella direzione del futuro e che parlasse del mio presente. Proprio per questo motivo si apre con quest’immagine molto forte. E sì, Nuova Luce funge proprio da introduzione.

Immagino quindi che anche il titolo – in cui c’è questo Sinceramente davanti a Mostro – rispecchi questo bisogno di sincerità.
Sì, il termine sincero in questo caso assume proprio il significato di come mi sento adesso come persona. Mi sento una persona sincera, che accetta tutto quello che gli sta dando la vita e ne parla senza mettere filtri.

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Tra l’altro, a proposito dell’assenza di filtri, vorrei parlare delle produzioni perché c’è molta varietà. Non ti sei dato limiti, insomma.
I Prod By Enemies sono gli stessi ragazzi che mi seguono sin dal mio primissimo disco. Io ho sempre avuto questa capacità di rappare su diversi beat. Si passa da brani come La Città, che è una ballad più pop, a pezzi come Nostradamus, dove invece c’è uno sfoggio di skills tecniche e robe tipiche del rap. È nella mia natura cercare sempre cose differenti e poi ho la possibilità di poter lavorare con questi ragazzi – Yoshimitsu e Manusso – che sono fondamentalmente dei polistrumentisti. Ogni volta che vado in studio ho una possibilità diversa, perché abbiamo tutti voglia di approcciarci al disco cercando di ricoprire più generi possibili. Gli strumenti si sentono e secondo me è fighissimo. Non c’è niente da fare, quando suoni davvero la musica ha un altro sapore, più vero. Me ne rendo conto anche per i concerti che andremo a fare. Saranno dei concerti in cui avremo la band e per me questo crea comunque una sintonia. C’è tantissima energia sul palco ed è veramente musica dal vivo sotto tutti i punti di vista.

Ma per i testi ti lasci ispirare dalle basi o viceversa? Mi riferisco in particolare un pezzo come Un po’ depresso, che anche nel mood della produzione sembra molto in linea con il testo.
Nel caso specifico di Un po’ depresso ho sentito prima il beat. Sono andato in studio e questo beat mi dava proprio l’idea di qualcosa di stupido, di scemo. Me lo sono sentito per un paio di giorni e poi mi è venuto in mente di fare un pezzo su quelle giornate che io definisco le più inutili del mondo. Mi sveglio un po’ depresso e non concludo niente durante tutta la giornata. Esistono queste giornate inutili, in cui sei davanti alla televisione incazzato col mondo. Devo dire che sono fiero di come sia venuto fuori il pezzo, perché mi piace. Personalmente mi sono anche tolto una soddisfazione, perché sono riuscito a dare un senso a queste giornate veramente inutili, in cui non faccio altro che trovare scuse per non fare niente.

Io ti ringrazio perché ascoltandola, in effetti, mi ci sono proprio rivista. La Città – il singolo che ha anticipato l’album – è invece arrivato un po’ a sorpresa. Forse i fan si aspettavano altro.
La scelta di far uscire La Città come primo singolo nasce proprio da una necessità. Sento sempre il bisogno di sentirmi solo nelle mie scelte artistiche. Voglio sempre che sia la gente a seguire me e non io a seguire le persone. Lo sapevo che le persone si aspettavano un altro tipo di singolo ed erano pronte ad una cosa più forte e più aggressiva. Proprio per questo ho voluto dare loro un’altra cosa, perché vorrei che fossero le persone ad accorgersi di quello che sto facendo. Appena un artista comincia ad accontentare il suo pubblico, svanisce quella magia e quel rapporto che c’è tra artista e ascoltatori. L’artista deve proporre qualcosa di interessante, poi sta al pubblico giudicare se gli piace o meno. Di certo, l’artista non deve fare mai nulla per il suo pubblico. Non vorrei essere cinico, ma per me è così.

E infatti, forse a sorpresa, c’è anche un solo featuring.
Quando sono in fase di produzione, io faccio i dischi in modo veramente intenso. Solo dopo che l’album è uscito, riesco un attimo a distaccarmi e a vedere le cose con un po’ più di relax. Finché non esce, però, io sono lì che noto tutti gli errori, le cose che avrei voluto rifare e le piccolezze. Di conseguenza, nella fase di produzione del disco, è raro che mi venga in mente di collaborare, perché penso di stare facendo qualcosa che riguarda esclusivamente me stesso. Nel caso di Britney nel 2007, la figura di Gemitaiz era perfetta per una serie di motivi. Gli ho mandato il pezzo e lui ha subito accettato, era entusiasta. Però non ho voluto riempire l’album di featuring. Per me, piuttosto che chiedere a me perché non ho fatto featuring, bisognerebbe chiedere a tutti quegli artisti che fanno i dischi con dieci collaborazioni cosa stanno facendo. È il disco tuo o un disco tutti insieme?

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Ho letto i commenti di un po’ di fan che si definivano aiutati dalla tua musica, proprio perché forse il fatto di parlare con tanta autenticità arriva a tanti ragazzi, che alla fine si sentono proprio come te. Come vivi tutto questo?
Faccio un genere in cui parlo molto della persona e di me stesso, e a me piace affrontare le mie emozioni attraverso la musica. Per dirlo con poche parole. Parlo di cose vere anche se non sempre dico una verità universale. Il mio genere o ti piace o non ti piace, però se ti piace è perché capisci le cose di cui sto parlando. Questo fa sì che si crei un vero e proprio rapporto con i miei fan. Questi ragazzi non mi seguono perché sono un personaggio di successo che fa il figo. Mi seguono perché mi vedono come un ragazzo come loro, che affronta i problemi come loro e che ne parla. La cosa bella è che i miei fan hanno imparato a conoscermi attraverso i miei dischi e riescono anche a vedere i miei miglioramenti.

Dei live mi hai già detto qualcosa, ma quanto hai voglia di salire sul palco?
Faccio i dischi solo per suonarli live. Il concerto per me è proprio l’atto finale. Tutto si chiude con il live, è il momento in cui la tua musica prende vita a tutti gli effetti. Io ho gli incubi già da un mese prima, però se mi chiedi qual è la cosa più fica per me, ti rispondo sempre L’ultimo concerto che ho fatto. È sempre una sfida ed è sempre meglio. Ci sono le prove, è complicato organizzarlo, ma è un processo che poi culmina con il concerto che è una manifestazione ed una festa.

Un’ultima domanda te la volevo fare sulla traccia che chiude l’album, Fuck Life.
Guarda, io sono un super fan del rap e della mentalità rap e credo che, per quanto questo genere possa evolversi, ci siano delle formule che rimarranno immortali. Sono sicuro che una di queste sia il pezzo con il campione, dove non fai il ritornello ma parli. Era un sacco di tempo che volevo fare una cosa del genere e, visto il tiro del disco – in cui parlo molto di me stesso e accetto tutto quello che succede -, mi sembrava il momento adatto per poter fare un brano di questo tipo. Fuck Life è proprio uno degli ultimi brani che ho scritto, per chiudere tutto quanto il cerchio.

Foto di: Lorenzo Piermattei

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