In radio e digitale, Una parola differente è l’ultimo singolo di Alex Britti che durante il lockdown per il Coronavirus ha regalato via social lezioni di chitarra ai fan. E proprio imbracciando la sua fedele chitarra, l’artista si è esibito in una Piazza San Giovanni surrealmente deserta in occasione del consueto Concerto del Primo Maggio a Roma. Un evento che, in questo 2020, è stato tutt’altro che tradizionale.
E in tempi di pandemia, Alex Britti ci riporta ad assaporare un accenno di normalità, quel gusto di essere se stessi che forse proprio un’emergenza come quella in corso può farci riscoprire. Perché, spesso, per compiacere gli altri si rischia di cadere nell’artificiosità e nella costruzione, quando la semplicità resta la via più autentica.
Così, le immagini del quotidiano che Britti racconta – uno sguardo, un caffè, due chiacchiere – sono tanto genuine quanto preziose. Ci siamo fatto spiegare di più dallo stesso Alex.
Partiamo dal tuo ultimo singolo, Una parola differente: ci racconti come e quando è nato il brano?
È nato poco prima della quarantena riflettendo su questo periodo storico dove si tende spesso ad esagerare l’apparenza e ignorare la sostanza, petto in fuori pancia in dentro sembra diventata la regola base.
La canzone ci racconta la bellezza della semplicità e l’autenticità di essere se stessi senza necessariamente strafare per colpire gli altri. È qualcosa che oggi abbiamo un po’ perso, tra filtri Instagram e luci dei riflettori?
Un po’ si ma non è colpa dei social. I social sono pensati e progettati a nostra immagine e somiglianza; psicologi studiano cosa ci piace di più, cosa ci colpisce per poi attirare la nostra attenzione quindi siamo noi che tendiamo più a sottolineare certi aspetti ignorandone altri.
LEGGI ANCHE: Primo album per Diamine: «Viviamo in un’armonia di relazioni»
Una parola differente esce dopo il precedente Brittish insieme a Salmo con cui hai sorpreso il pubblico con ironia e autoironia. Come è stato muoversi nel territorio del rap e collaborare con Salmo?
Il territorio rap non mi è nuovissimo, spesso ho interagito con rapper o musicisti di quel mondo, anche il mio primo disco era intriso di sonorità hip hop dell’epoca. Salmo poi lo vedo prima di tutto come un musicista, che fa rap ok ma sempre uno che suona, che si addormenta e si risveglia con un’idea in testa. Non siamo così diversi. Brittish è un gioco, una provocazione, personalmente non stimo molto artisti che fanno sempre lo stesso disco; molti inseguono sempre le proprie canzoni che hanno avuto più o meno successo e continuano sempre a scriverne di simili e arrangiandole sempre con le stesse sonorità, io no.
Quanto è importante per te contaminare e sperimentare nella musica?
Sperimentare è importantissimo, tutti i generi di musica sono nati da sperimentazioni, da tentativi. Il blues, il jazz, il rock sono stati sempre musica nuova spesso frutto di contaminazioni apparentemente impossibili che poi invece hanno dato i loro frutti. Mi piace continuare a pensarla così.
Sei tornato sul palco del Primo Maggio di Roma in un’edizione diversa da qualunque altra: che significato assume un evento come il Concertone in questo 2020 che vede in corso un’emergenza sanitaria globale e una crisi economica che mette a rischio centinaia di migliaia di lavoratori?
Un messaggio importante, come già mostrato attraverso i social, la musica, l’arte in genere non si ferma. Anche se in “sicurezza” dobbiamo andare avanti e continuare a vivere, con attenzione e rispetto civico ma andare avanti. Pensa che Totò ha girato due film durante la seconda guerra mondiale!
Due mesi di lockdown hanno inevitabilmente modificato le abitudini di tutti: come è cambiata la tua quotidianità? È cambiato anche il tuo modo di fare musica o trovare ispirazione?
Ovviamente è cambiata un po’ la logistica di tutti, siamo in casa tutto il giorno ma chi ha figli sa che sono loro i protagonisti assoluti della giornata. Io ne ho uno piccolo (quasi 3 anni) e sia io che la mamma facciamo di tutto per distrarlo e non fargli percepire nulla di ciò che accade fuori. Nei ritagli di tempo suono, spesso di notte quando tutti dormono.
In questi anni la musica nella percezione di tanti, dei più, è stata relegata nella categoria “intrattenimento” ma l’isolamento sociale sembra averne riportato in luce il ruolo culturale, aggregativo e identitario. Pensi che cambierà nel complesso l’approccio all’arte, che tornerà a essere percepita come un valore e non solo un accessorio della nostra società?
Finché la società spinge verso una certa direzione tutte le forme d’arte vengono un po’ messe da parte. Il ristorante che incassa di più al mondo è un famoso fast food ma se domani vogliamo mangiare carne buona andiamo altrove. Ora abbiamo tutti voglia di mangiare carne buona ma visto che per tanti anni artisti e dintorni hanno puntato solo ai fast food non so se siano in molti ancora in grado di cucinare in un certo modo, si è capita la risposta?
Sei stato fra i primi artisti italiani a “scendere in campo” sui social con un’iniziativa inedita, ovvero insegnare a suonare la chitarra con lezioni a distanza. Che tipo di risposta hai ricevuto?
C’è stata una risposta ottima alle mie lezioni: volevo fare qualcosa, rendermi utile, sapevo che gli amici della nazionale cantanti avevano un “numero solidale” momentaneamente dormiente. Ho chiesto di metterlo a disposizione per l’ospedale Niguarda di Milano e in 24 ore me l’hanno concesso quindi siamo partiti. Ovviamente le lezioni erano gratuite ma chiedevo continuamente di donare attraverso un sms a quel numero, in tre settimane abbiamo tirato su 43mila euro.
L’estate 2020 sarà una stagione senza concerti né eventi live: per un artista che vive sul palco una dimensione importante, che peso ha affrontare tutto questo?
Per ora che sono passati due mesi è un peso ancora sopportabile ma non voglio nemmeno pensare a come sarà tra un po’. Non stare su un palco per uno come me è strano, molto, poi c’è l’aspetto economico che è una tragedia, vedremo.
Stanno nascendo altre canzoni in tempi di distanziamento sociale? Quali sono i progetti in corso e a medio termine?
Sì, nascono canzoni sempre, per chi fa il mio mestiere è fisiologico come respirare. Come ho già detto non ho molto tempo ma nei ritagli che riesco a trovare produco molto. Ho uno studio in casa quindi, quando ho un’idea, riesco a portarla al 90% in breve tempo e lo sto facendo spesso, in questi giorni sto giocando con una canzone dalle sonorità reggae.
Foto di Fabrizio Cestari da Ufficio Stampa Daniela Turchetti