Il leader dei Marlene Kuntz Cristiano Godano debutta con il suo primo album solista, ‘Mi ero perso il cuore’ dal 26 giugno. La nostra intervista.
Mi ero perso il cuore è il titolo dell’album con cui Cristiano Godano, leader dei Marlene Kuntz, debutta discograficamente come solista. “Il mio disco solista è il mio primo tentativo in questo senso. – inizia subito l’artista – Vi chiederete, perché? Perché ho sentito l’esigenza di suonare dal vivo pezzi miei e non solo dei Marlene Kuntz, è una cosa che mi piace moltissimo. Ma ci sono poi ovviamente anche esigenze artistiche”.
Disponibile dal 26 giugno, Mi ero perso il cuore è un lavoro in cui emerge pienamente la sensibilità di Godano,sia nella scrittura (cosa che succede anche nelle canzoni firmate con il gruppo) sia nell’abito sonoro, e qui sta l’elemento nuovo. “Quando ho fatto questo disco – continua il musicista – sapevo chiaramente che sarebbe stato importante fare qualcosa che non sapesse di Marlene Kuntz, altrimenti non avrebbe avuto senso”.
“Musicalmente questo è inequivocabile: soprattutto dal punto di vita lirico ho cercato di capire se potevo essere meno ‘Marlene dipendente’. – spiega – E se forse ci sono riuscito è per il fatto che sento questi pezzi più diretti, non c’è mai una frattura tra me e l’io narrante, come invece succede in maniera istintiva coi Marlene per rendere i brani un’esperienza universale e condivisa. Se io avessi portato questi pezzi nel gruppo avrebbero preso un’altra piega.”
Sensibilità e autobiografismo diventano quindi i cardini dell’indagine che Cristiano Godano compie nelle sue nuove canzoni. “Sento di essere inserito in una tradizione rock di artisti che hanno sentito il desiderio di fare un disco solista – dice Godano approfondendo le ragioni del progetto – E non è per vanita di fare disco a tutti i costi ma esigenza artistica di sentire propria canzone che faccia un certo corso. E questo disco suona esattamente come i miei sogni desideravano.”
L’io narrante ha bisogno di non sentirsi solo. Credo di aver avuto il bisogno di mettere l’io narrante a confronto con un interlocutore qua e là nelle canzoni.
Mi ero perso il cuore è pronto orami da diversi mesi: previsto per marzo 2020 è stato posticipato a giugno, arricchendosi anche di un portato emotivo nuovo dovuto all’esperienza dell’emergenza sanitaria. “Durante le settimane di lockdown anche io ho cercato di distribuire ‘arte consolatoria’ e ho notato che la reazione della gente era calorosa. C’era predisposizione più accentuata all’accoglimento dell’arte.”
Da qui la decisione: “Questo mi ha fatto capire che potevo incorrere in molti rischi uscendo ora ma ho sentito l’importanza de plus valore di questo momento, quasi stessi facendo un regalo prezioso. Non posso immaginare di aiutare nessuno ma magari far impiegare il tempo non in una maniera banale.”
Questo disco avrebbe dovuto uscire a metà marzo, quando tutto è esploso. E come molti miei colleghi mi sono ritrovato smarrito. Poi, mi si è acceso un clic.
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Nello stesso giorno di uscita di Mi ero perso il cuore viene rilasciato anche il nuovo singolo Com’è possibile, che contiene una citazione di Bob Dylan. “È forse il pezzo più vicino all’approccio spudoratamente country, o alternative folk – ci racconta Godano – È una canzone che ha una certa leggerezza musicale ma sottende un’inquietudine nel testo.
In maniera suggestiva si chiede come sia possibile che l’umanità sul pianeta stia arrivando a una deadline a partire dal global warming. E c’è una serie di altre inquietudini connesse che, mentre scrivevo le prime parole del testo, mi hanno fatto venire in mente quelle di Bob Dylan. Queste sono arrivate come prosecuzione di quello stavo scrivendo perché erano molto vicina all’idea di fare un pezzo evocativo e non esplicativo.”
Ma come definirebbe Cristiano Godano questo suo primo album solista? “Un disco intimo e delicato, potente nella sua delicatezza – risponde l’artista – Io sono tra quelli a cui la frase Andrà tutto bene ha iniziato a dar fastidio dal secondo giorno in cui l’ha sentita ripetere. C’è una parte di persone più sensibili all’idea di essere accompagnate nello scandaglio delle dimensioni di vulnerabilità, per sperare di uscirne più vittoriosi.” Ed proprio a loro che il musicista rivolge in primo luogo questo suo lavoro.
Foto di Guidao Harari da Ufficio Stampa Parole e Dintorni