Cartagine è l’ultimo singolo che Raige ha portato in radio e sulle piattaforme digitali, dove è disponibile dallo scorso 2 ottobre. Uscito in un momento in cui il cantautore è impegnato con una fitta serie di writing sessions anche per altri interpreti, il brano arriva sulla scia di altre due tracce rilasciate nel corso del 2020.
“Sono uscito ufficialmente con Occhi inverno mentre Del male è stato un antipasto per tenere tutti un po’ caldi prima del singolo ufficiale, Cartagine – ci racconta Raige –Vivo le mie canzoni come se sedimentassero in un lago di emozioni e a me toccasse la pesca. In un momento sono fortunato e in un altro lo sono meno.”
Le canzoni ci sono già tutte, manca l’ordine preciso delle parole e il momento esatto in cui le scoprirai.
In Cartagine le immagini si alternano come in continuo bilanciarsi l’una con l’altra: “Io sono in un equilibrio precario di malintesi, questa è la mia concezione di vita e si riflette credo molto bene nelle canzoni che scrivo e soprattutto proprio in Cartagine. – riconosce il torinese – So bene che si tratta di un falso storico, credo di averlo studiato a scuola, ma mi sembrava la metafora giusta per spiegare questo rapporto nel quale lei è il mare, grande, piena di sé e che un po’ se ne frega. E io non sono il sale, anzi, mi tocca fare da Cartagine e raccogliere questo sale sperando di non finire in rovina.”
La discografia oggi tra major e pubblico
A partire dall’album ‘Affetto Placebo’ del 2019, Raige è a tutti gli effetti un artista indipendente e con schiettezza ci offre uno spaccato del mercato musicale di oggi. “Credo che le major negli ultimi dieci anni non abbiano contribuito alla crescita di nessun artista. Tutte le esplosioni che abbiamo avuto in Italia vengono dal web e dalla meritocrazia: questo, secondo me, la dice lunga sull’industria discografica.
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Non è solo demerito delle major, è anche il fatto che non ci sono più i mezzi per poter lavorare i progetti in un certo modo. – continua Alex – La struttura indipendente ti permette di essere al cento per cento consapevole dei tuoi mezzi e quindi di sfruttarli nel miglior modo possibile surclassando le multinazionali che sono diventate niente più niente meno che delle banche.”
Le major offrono finanziamenti a tasso zero senza chiedere contributi perché nel momento in cui un progetto indipendente funziona loro se lo accaparrano. Ma il lavoro grosso l’ha fatto l’indipendente; è la versione 2.0 del talent.
Ma anche nel pubblico, Raige riconosce un cambiamento. “Col tempo è cambiata la percezione che le persone hanno della musica. C’è più consapevolezza e in questo Spotify ha aiutato tantissimo perché ti dà la possibilità di essere connesso con musica alla quale prima non potevi arrivare in maniera istantanea. Quindi, si cerca di colmare questo gap prendendo artisti indipendenti che raccontano in maniera diversa rispetto agli interpreti dei talent perché sono dei cantautori. In questo senso, il pubblico ha più bisogno di cantautori in questo momento.”
Raige e il lavoro di autore: “Le canzoni non sono infinite”
“Sto scrivendo tanto e quando scrivo ascolto poco perché temo di essere in qualche modo ispirato non volendolo – ci racconta Raige – Ma non resistito e ho ascoltato il disco di Samuele Bersani. Lo trovo incredibile a livello di testi. Nel momento storico in cui viviamo un artista che torna dopo anni significa che in quegli anni non aveva l’esigenza artistica di fare un album. Questo disco è spinto dall’urgenza di dover raccontare qualcosa: mi sembra che sia già una mosca bianca e ancora prima di ascoltarlo mi fa ben pensare riguardo alla qualità del lavoro.
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Ma come si svolge una tipica giornata dedicata alla scrittura? “In studio, da solo o con amici autori, provo a fare quello che mi piace: scrivere canzoni che siano bellissime con quel romanticismo, che è anche un po’ forse presunzione, di poter dire ‘magari oggi scrivo quella che rimane per sempre’.”
La vocazione di chi scrive canzoni? Scrivere brani che cambino le cose.
A rendere durevole, e magari immortale, un brano è innanzitutto l’interprete secondo Raige. Per questo è molto calibrato nell’affidare i suoi brani ad altri. “L’artista è fondamentale: se ti do una mia canzone e tu non la rispetti perché devo dartela? Non siamo negli anni in cui ci si compra una casa con una canzone, magari ci compri una bella macchina ma devi anche fare i conti con la coscienza.
Le canzoni non sono infinite, prima o poi la pesca nel mio lago finirà quindi devo avere parsimonia di quello che creo perché non voglio dover convivere per sempre con i miei mostri. Fino a quel momento non devo regalare le mie canzoni a chicchessia, bisogna meritarsele.”
Foto da Ufficio Stampa Pepita Promozione