Purple Disco Machine ci parla del successo di ‘Hypnotized’ e del suo prossimo album, un omaggio all’italo disco.

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Hypnotized di Purple Disco Machine & Sophie and The Giants nel nostro paese non solo continua a dominare le classifiche, ma ha portato a casa anche il disco di platino e il posto più alto del podio nell’Airplay radiofonico. Un successo incredibile, arrivato inaspettatamente anche per il produttore disco house tedesco Tino Piontek (vero nome di Purple Disco Machine) che, nel frattempo, sta lavorando al suo prossimo album e regalando ai fan live virtuali memorabili. Ecco cosa ci ha raccontato.

Ciao Tino, felice di sentirti. Partiamo subito da Hypnotized. Ti aspettavi tutto questo successo e come è nata la collaborazione con Sophie & The Giants?
Non ci saremmo mai aspettati tutto questo successo, specialmente in Italia. Ho pensato molto al perché proprio in questo paese il singolo abbia avuto tutto questo riscontro. Sapevamo che la canzone era speciale già quando la scorsa estate abbiamo iniziato a lavorarci. Mentre finivamo la versione strumentale della demo, ho pensato che Sophie fosse la persona giusta per cantarci sopra e infatti se ne è uscita con questa fantastica top line. Abbiamo deciso di rilasciarla come singolo, ma – come dicevo – non mi sarei mai aspettato un simile riscontro. Credo che forse piaccia perché la canzone ha un sound italo disco che agli italiani piace ancora molto. O forse perché – a causa della pandemia, della crisi e del Coronavirus – ha aiutato le persone in questo momento difficile. La gente ha bisogno di ascoltare qualcosa di positivo, con delle vibes felici. Il testo è molto allegro e penso che le persone avessero bisogno dell’energia positiva di questo brano.

Prima di Hypnotized hai rilasciato In My Arms, una canzone dal sound molto disco. Sarà questo il tipo di sound che ritroveremo anche nel prossimo album di Purple Disco Machine?
In My Arms è una delle mie canzoni preferite. Si adatta molto alla situazione attuale e al lockdown se pensi al testo, perché di base racconta della voglia di avere di nuovo tra le braccia una persona amata. Credo sia piena di energia positiva. La gente può cantare il brano. La musica che mi piace e che ascolto mi provoca le stesse sensazioni che provo quando produco musica. Ovviamente, quindi, il mio prossimo album seguirà questa direzione, questa energia positiva.

Ho letto una tua intervista in cui parlavi dell’evoluzione della tua musica, specificando che non si trattava di una rivoluzione. Cosa guida questa continua evoluzione del tuo sound?
Rispetto al mio ultimo album – Soulmatic, uscito nel 2017 – il nuovo album sarà un’evoluzione e mostrerà in che modo il sound di Purple Disco Machine è cambiato negli ultimi 3-4 anni. Da un sound guidato dalle influenze funkdisco e retrò mi sono spostato verso un sound influenzato dalla italo disco e dalla musica elettronica della metà degli anni ’80. Mi piace tutta la musica disco e retrò, ma volevo fare un passo successivo. Da bambino in Germania – dove sono nato e dove vivo ancora – i brani italo disco di Patrick Cowley, Giorgio Moroder e degli italiani Gazebo erano dei grandi successi. Sono cresciuto con questo genere musicale. Le nostre radio suonavano più questa musica rispetto alla disco americana, rispetto anche a Michael Jackson. Il prossimo album sarà un omaggio a quel periodo della mia vita.

Secondo te cosa rende questo tipo di musica così immortale e in che modo usi questo suono per creare qualcosa di contemporaneo?
Provo sempre a ritoccare il mio sound. Per me è importante che le canzoni non suonino come se fossero degli ’80 e ’90. Cerco un equilibrio. Ovviamente le mie canzoni sono influenzate dalla italo disco degli anni ’80, ma le mie canzoni devono avere un suono che sia del 2020. Devono essere la nuova versione di un vecchio sound, ed è ciò che provo a fare. Non so veramente perché l’italo disco continui ad avere così tanto successo, credo dipenda dal fatto che tutte le canzoni hanno un suono molto semplice. I brani non hanno una grande struttura, grandi armonie. Tutti possono cantare il ritornello o ricordare la melodia, perché è facile. La cosa più complicata nel fare musica è mostrare un sound semplice, senza che lo sia. Non è facile, la chiave per me è less is more. Non ci penso tanto, non faccio cose troppo complicate. Less is more, esatto.

Credo che più le canzoni sono semplici, più sono difficili da comporre. Più suonano facili e più il processo di composizione che c’è dietro è complesso.
Assolutamente, se hai pochi elementi tutti devono essere perfetti. In tutte le canzoni che sentiamo alla radio, ci sono migliaia di elementi e alla fine risultano troppo prodotte. Se ti concentri su pochi elementi devono essere precisi, altrimenti è come tutto il resto.

Hai rilasciato una canzone di successo in un periodo in cui non puoi suonarla live. Come hai vissuto questo periodo in cui Purple Disco Machine è stato costretto al virtual clubbing?
All’inizio è stato difficile. Per 5-6 anni ho fatto tour 200 giorni all’anno. Improvvisamente, da un momento all’altro, ero a casa seduto a non far nulla. Per carità, è stato bello. Sono stato con la mia famiglia e i miei figli, ma mi è mancato viaggiare, stare fuori, vedere le reazioni dei fan alle mie canzoni. Una cosa è stare in studio a comporre e un’altra suonare per le persone e vedere come reagiscono. I sorrisi e i loro volti mi sono mancati. Non sono mai stato grande un fan dei live streaming, perché non è facile trasmettere energia da uno studio e fingere energia positiva per la gente che ti guarda. Ho sempre avuto bisogno della gente intorno a me, prendo l’energia da loro e la metto nella mia musica. Ora è tutto il contrario, sono nel mio studio, registro i live streaming e devo dare energia perché non posso vedere il pubblico. Credo sia la cosa più difficile. Ancora non sono una grande fan del virtual clubbing, ma spero di poter tornare presto sul palco.

L’energia del pubblico è, in fondo, un elemento fondamentale di ogni live.
È come guardare una partita di calcio senza la folla. Non è la stessa cosa. Non c’è energia, non c’è pelle d’oca. Anche se il calcio non ti piace, se vedi migliaia di persone gridare ti viene la pelle d’ca. Ma siamo tutti nella stessa situazione, quindi ci si adatta.

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