Il Nameless Music Festival – a dispetto dell’impegno e delle buone intenzioni – ha ufficialmente comunicato un ulteriore rinvio e lo slittamento dell’ottava edizione al periodo dal 2 al 5 giugno 2022. La location sarà la medesima – tra i comuni di Annone Brianza, Molteno e Bosisio Parini (LC) – ma Alberto Fumagalli, CEO & Founder del Festival, non nasconde il rammarico e la possibilità che l’evento si sposti al di fuori dei nostri confini.
«Il Nameless Music Festival slitta per le non risposte da parte del governo. – ci dice subito Alberto – Da settembre abbiamo iniziato a presentare i protocolli e a studiare modalità per fare tamponi all’ingresso a tutti. Ancora prima che venisse inventato il Green Pass. Ai tempi, eravamo pronti a fare più di 22mila tamponi in 5 ore, legandoli in modo sicuro al braccialetto di ingresso per garantire la massima sicurezza a tutti i partecipanti. Purtroppo nessuno ci ha mai degnato di una risposta, ed è veramente frustrante. Abbiamo atteso per decidere il posticipo, sperando fino all’ultimo che qualcosa potesse muoversi. Abbiamo anche iniziato ad annunciare una prima parte della line up perché il rischio di arrivare troppo lunghi ci avrebbe portato a non poter fare promozione. Ci siamo dovuti arrendere all’evidenza che a nessuno interessano attività come la nostra».
Perché lo slittamento è stato necessario?
Alberto Fumagalli prova a spiegarci perché sia stato necessario uno slittamento del Nameless, a fronte di tanti eventi che sembrano invece segnare la ripartenza del nostro paese dopo l’emergenza sanitaria.
«Abbiamo sempre cercato di essere perfettamente ligi al dovere. Crediamo che Nameless abbia la necessità ogni giorno di dimostrare la bontà e la finalità dell’evento. Purtroppo viviamo in un paese in cui si parte dal presupposto che chi va a divertirsi può anche starsene a casa. Ogni anno lavoriamo solo con l’obiettivo di dimostrare, numeri alla mano, che un concerto o un festival possono essere l’opposto. L’importante è la finalità con cui si lavora».
«Non abbiamo mai trascurato alcun dettaglio. Sappiamo bene quanto è facile puntare il dito nel nostro paese. Abbiamo cercato di mettercela tutta per portare un barlume di luce e un’esperienza bella e sicura. Non come tutto ciò che di abusivo si sta facendo nel nostro paese. Il mio rammarico è legato al fatto che più passano i giorni, più il nostro governo sembra avere voglia di avallare gli eventi abusivi. È palese. Si cerca un nuovo capro espiatorio e un nuovo modo per giustificare una risalita dei casi, dovuta a una mancanza di palle di chi è seduto al governo. Sappiamo benissimo che o ci vacciniamo tutti o non si uscirà più. Prendessero in mano la situazione, parlassero chiaro ai cittadini. Dicessero che è necessario questo sforzo, sarebbe più facile. Mi auguro che qualcosa cambi perché da vaccinato della prima ora, se mi trovassi nella condizione di non poter lavorare, non farò più nulla in futuro per il bene del paese».
Nameless Music Festival, i benefit per il territorio e le perdite durante la pandemia
«Ad oggi abbiamo perso 4 milioni di euro di fatturato in due anni. – spiega Alberto – Il 2020 ok, ma il 2021 è un furto derivato dall’incapacità del nostro governo di prendere una posizione netta. È ingiusto e, in un mercato unico come quello europeo, ritengo che le aziende del nostro settore siano ingiustamente penalizzate. In Belgio si sta organizzando un festival da 75mila persone al giorno. Abbiamo uno strumento di gestione unico per i vaccini, chi ci governa deve avere il coraggio di prendere posizioni difficili ma necessarie. Mi auguro che la rinuncia di Nameless possa servire a far capire che Lugano non è così lontana. Non ti nego che, se trovassimo un terreno che ci piace, ci sposteremo in Svizzera. Non crediamo di meritare questo tipo di trattamento dal nostro paese».
L’amarezza di Alberto è palese, così come la frustrazione di vedere la realtà del Nameless Music Festival non considerata. «Credo che in un paese normale verrebbe premiato il rischio di impresa di un privato che genera una ricaduta economica sul territorio a titolo gratuito. Andrebbe aiutato semplificando le norme e la burocrazia. Sono convinto che a nessun territorio farebbe schifo trovarsi i 7,2 milioni che Nameless ha generato in questi anni. Un’azienda con un tale impatto merita di essere sostenuta e apprezzata. Invece già in passato abbiamo dovuto cambiare location, ora ci ritroviamo in pandemia e impossibilitati a seguire vie sicure».
Ma perché altri eventi sì e Nameless no? «La differenza è che noi non abbiamo voglia di far finta di fare un festival seduti. – risponde Alberto – L’Italia è piena di eventi con mille posti a sedere con la gente che si alza. Che senso ha? Vogliamo essere in linea. Vogliamo rispettare la legge e le regole. Nel nostro paese è frustrante, perché ti ritrovi penalizzato se vuoi fare le cose fatte bene. Se vuoi fare il furbo, l’Italia ti premia. Nameless è un festival onesto con la pubblica amministrazione».
Una situazione «distruttiva»
Non è solo un problema amministrativo. Per Alberto, il grande nodo è culturale. Il gap generazionale in Italia è immenso e non presenta barlumi di ripresa.
«La pandemia ha acuito uno scontro generazionale già in atto – dice Alberto – e sono convinto che non sia ancora arrivato dove arriverà. I giovani si prenderanno ciò che gli spetta con buona pace dei vecchi. Non si può chiedere ai giovani di pagare solo le pensioni in questo paese».
«Siamo molto legati al territorio e non vorremmo andarcene – conclude – però a un certo punto devi pensare a far sopravvivere le tue idee».