Marco Mengoni arriva a San Siro con uno show di altissimo livello che celebra i suoi 13 anni di carriera. Le parole dell’artista.
Dopo la data zero di Codroipo, Marco Mengoni debutta finalmente a San Siro con il suo tour #MarcoNegliStadi. Un live sentitissimo, che arriva dopo lo stop ai concerti causato dalla pandemia e dopo l’uscita di Materia (Terra). Per gli stadi, tuttavia, Mengoni ha preferito mettere insieme uno show celebrativo della sua carriera, che non si concentrasse solo sulle ultime uscite che saranno approfondite con il tour nei palazzetti in partenza a ottobre.
«Per fare un tour negli stadi l’importante è avere un idea. – ci dice subito Marco nell’incontro pre-show a San Siro – Io ne avevo tante. Portare sul palco 13 anni di carriera non è facile, così come creare una scaletta. Era difficile portare l’atmosfera dell’ultimo disco e ho deciso di dividere in blocchi e settori il concerto».
La scaletta è, in effetti, lunghissima. Ma Marco ha ridato vita agli arrangiamenti dei suoi stessi brani, creando sonorità nuove suddivise in blocchi. Nel live c’è spazio per un set fortemente ispirato agli anni ’70 e per l’inizio da club, oltre ad un immancabile parentesi più melodica e acustica.
Lo show parte con Cambia un uomo e l’ingresso di Marco nello stadio è di quelli da brividi. Il cantautore appare infatti in mezzo al parterre e non sul palco.
«Fare San siro e l’Olimpico non è proprio da poco. – commenta – Ho voluto iniziare con Cambia un uomo e con una intro. Siamo sempre sopra il palco e vediamo una prospettiva diversa. Non ho potuto fare voli e ho voluto rimanere nella semplicità, ma voglio godermi il concerto. Volevo stare vicino al mio pubblico».
Marco Mengoni, San Siro e la best band ever
Se c’è un elemento che contraddistingue con chiarezza tutti i live di Marco, è l’altissima qualità sonora e vocale dello show. E non è un caso che Marco sottolinei che «se non vinco il Grammy per la best band non ci credo».
«È una band fortissima – precisa infatti – e per la prima volta chi lavora con me mi ha detto di non avermi mai visto così felice. Abbiamo lasciato spazio al suono digitale».
Sul palco con Marco Mengoni, che ha curato anche gli arrangiamenti di tutti i brani, un gruppo di straordinari musicisti con la direzione di Giovanni Pallotti (anche basso, synth e programmazione): Peter Cornacchia (chitarre), Massimo Colagiovanni (chitarre), Davide Sollazzi (batteria, batterie elettroniche), Benjamin Ventura (pianoforte, piani elettrici, synth), Leo Di Angilla (percussioni, ritmiche elettroniche), Adam Rust (organo, synth), Moris Pradella (backing vocalist, direzione cori, chitarra acustica), Yvonne Park (backing vocalist), Elisabetta Ferrari (backing vocalist), Nicole di Gioacchino (backing vocalist), a cui si aggiungono durante alcuni brani Francesco Minutello (tromba), Alessio Cristin (trombone), Elias Faccio (sassofono).
L’importanza della parola
Memore del dialogo portato al Festival di Sanremo con Filippo Scotti, Marco ci anticipa che anche nel live darà vita a un monologo sull’importanza della parola.
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«In questi anni c’è stato uno stop del rivolgersi all’altro. – commenta – Il mio monologo parlerà di questo. Di non avere paura dell’altro. Alcune parole per me vanno tolte dal vocabolario. Ho chiesto in giro quali potrebbero essere queste parole e perché vogliamo farle sparire per far sì che non esistano dei gesti associati alla parola. Parlo, ad esempio, della parola razzismo o indifferenza. Non è neanche un monologo, forse è più un dialogo. Diciamo che sono parole raccolte, frasi e emozioni. Si entra nel mio ma uso anche frasi di altre persone».
«La parola – continua poi Marco – fa effetto per chi la dice e per come la dice. Sicuramente la musica come mezzo è potente e il mio pubblico è molto attento. Ma è sempre meglio ribadire, perché è giusto ripetere le cose. Io non posso dare consigli. Sono uno che analizza molto prima di parlare. Sui social si spara con troppa facilità e le parole, anche sui social, sono proiettili. Nella mia esperienza personale però non ho più paura di niente. Ne ho già avuta troppa. Poi capisci che passano cose importantissime a cui non vuoi più rinunciare. Le cose negative si aggiungono sulle spalle».
I Black Skull
Il tour negli stadi nasce dall’incontro creativo di Marco Mengoni con il team di Black Skull Creative (Dan Shipton, Ross Nicholson, Jay Revell, Paul Gardner). Il celebre studio creativo londinese – che cura lo show-design dei live di artisti internazionali e grandi eventi – ha creato uno spettacolo unico nel suo genere. Un rito collettivo che connette emotivamente e fisicamente.
«È stata un’esperienza bellissima – dicono i Black Skull – abbiamo iniziato a lavorare otto mesi fa non conoscendo affatto Marco. Abbiamo conosciuto un artista con stili diversi, con una grande umanità e con un legame fortissimo con i suoi fan. Il concept del live è proprio questo: come si può stare insieme. E sembra che ogni persona che sia qui oggi, sia venuta per partecipare a questo momento unico nell’universo».
Il tour nei palazzetti
Dopo i due show negli Stadi Marco Mengoni tornerà live nei palazzetti con MENGONI LIVE 2022, di cui Marco ha scelto di annunciare direttamente dal palco di San Siro, le date e che lo porterà, dopo la data zero a Mantova (2 ottobre 2022), a Milano (5 ottobre), Torino (12 ottobre), Bologna (14 ottobre), Pesaro (16 ottobre), Firenze (18 ottobre), Roma (21 ottobre) ed Eboli (27 ottobre).
Biglietti disponibili dal 27 giugno in prevendita anticipata su www.livenation.it, vendita generale dal 28 giugno.
Foto: Andrea Bianchera/Comunicarlo