In giuria nella seconda edizione dell’Accademia della Stella Negroni, Cristiana Capotondi ci spiega l’importanza del confronto generazionale.

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La seconda edizione dell’Accademia della Stella di Negroni dedicata al videomaking ha visto in giuria Cristiana Capotondi, insieme a Francesco Castelnuovo e Claudio Di Biagio. Nato per scoprire e sostenere i talenti del nostro Paese, il progetto dell’Accademia ha coinvolto più di 50 studenti tra il Centro Sperimentale di Cinematografia, IULM – Libera Università di Lingue e Comunicazione, Naba – Nuova Accademia di Belle Arti di Roma. L’obiettivo era realizzare la versione 4.0 del Carosello, programma storico di Rai, adattando il racconto ai nuovi mezzi digital e social.

A vincere per il Centro Sperimentale di Cinematografia è il progetto Una stella per amica di Chiara Pieraccioli. Per NaBa ad aggiudicarsi il podio è il progetto collettivo di Daniele Cutilli, Giulia Minella, Leonardo Pisano e Annapaola Rango, dal titolo Negroni: Buono così com’è. È infine la coppia di studentesse dello IULM, Lucrezia Gemmo e Denise Colletta, con La nuova stella del cinema ad aggiudicarsi il terzo riconoscimento. Abbiamo parlato con Cristiana Capotondi di quanto sia importante promuovere la creatività delle nuove leve.

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Accademia della Stella di Negroni, intervista a Cristiana Capotondi

Quanto è importante, secondo te, dare spazio e visibilità ai giovani nel cinema al giorno d’oggi?
Mai come oggi, lo scambio generazionale può portare rinnovamento nel nostro cinema, contribuendo a completare la formazione dei giovani grazie al rapporto coi grandi maestri. Questi, a loro volta, possono essere positivamente influenzati dalla curiosità e dalla sperimentazione, nei soggetti e nel linguaggio, dei giovani.

Quale elemento o aspetto, in particolare, ti ha colpito nei progetti che hai visionato?
Il fatto che non abbiano posto limiti alla loro creatività. E, in una seconda fase, l’abbiano adeguata al budget pur non stravolgendo l’idea originale.

A proposito dei video, oggi i formati – con i social – sono variegati: si può raccontare una storia anche in una manciata di secondi. In che modo, secondo te, questo sta cambiando e innovando il cinema?
Bisogna concentrarsi sempre più sul contenuto, saper scrivere una storia in maniera sintetica è un dono che pochi hanno.

Tra i tuoi ultimi progetti, spicca Second Chance. Mi puoi raccontare l’esperienza da narratrice di storie così complicate e delicate E quanto è importante raccontarle?
È una storia che nasce dall’esigenza di raccontare quanto, anche in contesti di dolore, si possa accendere una luce. Se lo si vuole. Offrire a persone in difficoltà una seconda opportunità è quanto di più umano esista. Raccontare queste storie mi ha riempita di gioia. E mi ha fatto toccare con mano quanto sia difficile la vita, ma anche quanto sia meravigliosa.

Foto: Amilcare Incalza

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