Dalla Turandot alla Bohème: Eleonora Peronetti ci racconta l’arte della scenografia, tra creatività e razionalità.

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Scenografa, costumista e docente presso il campus di Milano di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti: Eleonora Peronetti gira ormai il mondo realizzando scenografie teatrali (e non solo). Allieva di Margherita Palli, spazia tra opera, danza, moda e video: dalle scenografie della Turandot, che ha debuttato al Teatro alla Scala il 25 giugno, a quelle infernali del tour di Tedua, passando per importanti mostre ed eventi.

«Ho sempre seguito questa passione. – ci racconta – Ho fatto il liceo artistico a Monza infatti. È un amore che mi è stato tramandato dai miei nonni: mia nonna è pittrice, mio nonno collezionista d’arte. Dopo il liceo, ho fatto la NABA a Milano. Ho studiato scenografia e ho avuto la grande fortuna di essere notata dal più grande nome italiano, Margherita Palli. Ho iniziato a seguirla come collaboratrice e, dopo la laurea, sono stata chiamata dalla NABA come docente. Mi ritrovo oggi a fare un lavoro meraviglioso e mi sento fortunata perché è un lavoro molto eclettico».

«La scenografia – dice Eleonora – è l’unico mestiere artistico che prevede una parte creativa e una razionale. Mi rispecchia molto perché io non sono genio e sregolatezza. Sono molto precisa. La bellezza di questo mestiere è che devi avere tante idee, ma anche far funzionare le cose e rispettare lo spazio del palcoscenico».

Eleonora Peronetti e l’arte corale della scenografia

Attualmente, Eleonora Peronetti è impegnata al Teatro Sociale di Como per le scenografie de La Bohème. Si sposterà poi in Lituania per The Voyage al Klaipeda Theatre Opera e sta anche disegnando i costumi per l’Albert Ballet in Canada. «Sicuramente la sfida, ma anche la parte più bella, è che si tratta di un lavoro artistico ma di squadra. – commenta – Non parliamo di un pittore con la sua tela, ma di un’interazione continua con le altre maestranze. A livello teatrale, ad esempio, tutti devono collaborare all’opera ed è per questo che amo l’opera lirica, perché per me è l’unica opera totale. C’è la musica, l’orchestra, gli attori, la scenografia, il trucco, gli effetti di luce. È un lavoro da fare insieme e a volte il limite è il compromesso: trovare quello giusto per far funzionare lo spettacolo è un’arte, ma anche un mestiere che si fa collaborando. È un’arte totale che coinvolge tantissime persone».

Parlando della Turandot al Teatro alla Scala, Eleonora ci rivela che «per una giovane scenografa è un sogno che si realizza». Soprattutto perché si è trovata a lavorare con Davide Livermore, «il più grande regista di opera lirica mondiale. Mi brillavano gli occhi». Tuttavia, anche l’esperienza al Teatro Sociale di Como non è da meno: «Dicono che il teatro e la lirica sono vecchi, ma non è così. Questo teatro ogni anno lancia un bando aperto a un team creativo di under 35, in tutta Europa. Chi vince mette in scena il suo progetto». «Noi – continua – abbiamo vinto con la nostra idea di Bohème di Giacomo Puccini, improntata sul ricordo. Sappiamo che Rodolfo si innamora di Mimì, ma il finale è tragico. La nostra idea è stata quella di aggiungere un attore che interpreta Rodolfo da anziano all’inizio. Rodolfo trova la sua scatola di ricordi, la apre e sul palco appare una scatola gigantesca dentro cui c’è lo svolgimento della scena. Siamo il primo team in cui la regista è una donna. È un modo per avvicinare i giovani, ma ne vedo tanti lavorare in teatro. E sono appassionati».

L’insegnamento e il coinvolgimento delle nuove generazioni

Licenze poetiche, ma sempre rispettando l’opera. «Nell’opera lirica – dice infatti Eleonora – comanda la musica. Bisogna sempre rispettarla e non possiamo fare azioni rumorose che la sovrastano. Rispettiamo il libretto». «La scenografia – continua poi – è un mestiere. Ci impegna e dobbiamo dare anche soluzioni tecniche. Per avvicinare i giovani bisogna andare a vedere spettacoli, fare esperienze sul campo e poi la formazione ti apre un mondo. Margherita Palli, ad esempio, avvicina tanti studenti. Con lei hai un ponte col mondo del lavoro ed è bello fare non solo l’esperienza da spettatore, ma anche quella dietro le quinte. Non c’è niente di meglio che portare gli studenti sul campo e far vedere loro cosa vuol dire mettere in scena un’opera».

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Del resto, anche Eleonora Peronetti è docente: «Ho iniziato a insegnare a 23 anni. – ci dice – Quando sei docente ma sei vicino d’età ai tuoi studenti non ti poni come prof. Io portavo le mie esperienze e loro ne erano stimolati. Poi, col passare degli anni, capisci che stando a contatto con i ragazzi vedi la freschezza sia nel comunicare che nel progettare. Anche il mondo esterno, i film e le suggestioni cambiano il modo di concepire un progetto. Imparano loro, ma anche io mi arricchisco molto».

Foto: Peronetti-Cucco-Livermore

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