Unire raffinatezza e qualità enogastronomiche con la creatività artistica è possibile? È questa la sfida di Vincenzo Mancino che, dopo l’avvio di DOL (Di Origine Laziale), inaugura l’inedito progetto Taste’accio. Come un autentico ‘caveau’ di tesori locali all’interno delle antiche grotte del Monte dei Cocci a Testaccio, l’ambiente promuove ottime proposte a tavola, arte e ospitalità. Del resto, nella sua vita, ci racconta Mancino, “sono sempre stato incline alla curiosità. Quindi, l’idea di accogliere il mondo dell’arte e quello della gastronomia in un unico posto è nata senza alcun tipo di provocazione”.
Una sfida, certo, considerata la “progettualità completamente diversa da quello che c’è in giro” e che può contare su un ambiente speciale. “Questo posto ha un’energia sua, si percepisce appena si entra. E non è soltanto la storia o l’archeologia ma è proprio, secondo me, l’energia che arriva dal fatto che è sempre stato usato per la conservazione degli alimenti. La sua bellezza architettonica, poi, lo fa assomigliare a una chiesa, no? Come se stessimo consacrando e venerando su altari diversi, che sono le tavole, i nostri prodotti”.
Quello che, infatti, giunge nel piatto è il frutto di un’attenta scelta dei piccoli produttori e delle realtà locali a tutela e conservazione del territorio. E attorno al desco, ma non solo, l’arte si fa ‘toccare’. Da Taste’accio, infatti, “possono esprimersi persone che spesso non hanno questa possibilità”, osserva Vincenzo Mancino. “Perché non sempre le gallerie tradizionali accolgono persone sconosciute. Però anche i grandi artisti all’inizio erano sconosciuti, no? E le loro proposte, probabilmente, per altri non erano nemmeno opere d’arte. Qui, diamo questa possibilità. L’idea è quella di avere un posto sempre diverso, che cambia pelle e colori”.
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Con un occhio di riguardo per i più giovani. “Bisogna avere tanta fiducia nei giovani e dobbiamo aspettarci tanto, quindi vanno incoraggiati e aiutati. Questo spazio può essere anche un contributo in questo senso”. Vale nell’arte come nella produzione agricola perché – conclude Mancino – “i giovani sono assolutamente il futuro non soltanto a livello anagrafico ma anche perché potranno esprimere la nuova agricoltura. Dovranno affrontare una sfida importante, in un mondo completamente globalizzato”.
Foto di Andrea Di Lorenzo da Ufficio Stampa