Marcondiro e il suo ‘Robot Primitivo’: «Passato e presente per raccontare una nuova storia»

Un’opera ucronistica”, senza tempo e fuori dal tempo. Così Marcondiro definisce il suo Robot Primitivo ispirato ai Giganti di Mont’e Prama di Cabras in Sardegna, terra natia dell’artista. Un omaggio, dunque, in occasione del cinquantesimo anniversario del ritrovamento in cui passato, presente e futuro si incontrano unendo diversi linguaggi. Il Robot Primitivo – prosegue Marcondiro nella nostra intervista – “appartiene a quel tipo di concept dove il passato e il presente in qualche modo convivono. E raccontano una nuova storia. Una storia che a volte crea ossimori e incastri non previsti. Ed è quello che accade, per esempio, proprio a Isaac”.

Ma come è nato questo nome, appunto, ossimorico? “Robot Primitivo perché unisce, congiunge la storia del nostro patrimonio artistico storico italiano, in particolar modo quello della Sardegna, con quella di un robot che vive in una società tecnologica non distopica. Qui lintelligenza artificiale è al servizio del genere umano e lo migliora, lo aiuta a risolvere problematiche difficili da risolvere soltanto da se stesso.

Foto di Oscar Silvestri da Ufficio Stampa

Si tratta, dunque, di un ideale sistema in cui “luomo [è] come un bambino e il robot come padre, in una narrazione contemporanea dove invece viviamo l’opposto. Cioè lintelligenza artificiale è un bambino che noi, nel 2024, stiamo avviando verso la sua crescita in base a quello che riceverà come input e come insegnamento principale. Se gli insegneremo la guerra probabilmente imparerà la guerra, se invece gli insegneremo altro, la bellezza ad esempio, probabilmente si farà anche statua.

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In particolar modo – spiega ancora Marcondiro – su questopera si riflette il concetto di arte senza arte-fare. Non sono uno scultore della pietra, ma uno scultore del suono, del video e della grafica. DI questo personaggio vediamo solo la testa, ma in realtà cè un intero corpo che anchesso richiama i tratti distintivi dai Giganti di Mont’e Prama di Cabras. È come se con quest’opera volessi vide che, pur non essere scultore, anche io posso oggi imprimere la mia idea e scolpirla nel futuro attraverso laiuto delle macchine.

Dalla musica al marmo, dunque. “La scultura rappresenta per me un suono che viene plasmato. Nascendo musicista, quello che è imponderabile, ineffabile e imperscrutabile è ciò che mi interessa. Quindi la musica non poteva che diventare tangibile”.

Immagini di Oscar Silvestri da Ufficio Stampa