Dal 13 dicembre la Fabbrica del Vapore a Milano si trasforma nell’universo creativo del regista più visionario: siamo stati alla presentazione di ‘Tim Burton’s Labyrinth’.
Realizzare l’impossibile. È questa l’ambizione di Tim Burton’s Labyrinth, la mostra immersiva dedicata al registra visionario che per la prima volta arriva in Italia. Dal 13 dicembre al 9 marzo, infatti, la Fabbrica del Vapore a Milano si trasforma in un intricato percorso labirintico che si insinua nella mente di Tim Burton e nella sua sconfinata creatività. Un viaggio che prende forma a seconda delle proprie scelte (e con lo zampino del caso) e che porta a un’esperienza totale nel mondo multiforme del regista.
I visitatori possono, infatti, personalizzare il proprio itinerario scegliendo tra oltre 300 possibili percorsi. Attraverso porte diverse, ogni esploratore attiva così un viaggio unico, immergendosi nelle ambientazioni ispirate ai capolavori cinematografici di Burton. Da Edward Mani di Forbice a Alice in Wonderland, passando per The Nightmare Before Christmas e Wednesday.
Il sipario iniziale è il varco oltre il quale il reale lascia spazio all’immaginario e immaginifico, in un susseguirsi di porte numerate che determinano l’esplorazione. Perché di vera e propria esplorazione psicologica si tratta. Un sinuoso errare tra arte e cinema che non potrà non elettrizzare i fan più accaniti. Ma che riesce ad affascinare anche i meno appassionati e soprattutto piacerà a giovani e giovanissimi. Non a caso, i biglietti staccati nella sola prevendita sono oltre 50mila con una previsione di visitatori totali che vorrebbe superare i 200mila (meglio anche di Madrid).
Ogni stanza nasconde colori, temperature e atmosfere differenti. Dominata da figure a grandezza naturale tratte dai set dei film rappresentanti i personaggi più iconici della cinematografia di Burton. Eppure, le vere chicche sono di dimensioni nettamente minori – per questo, ahinoi, rischiano di passare quasi inosservate –. E sono gli oltre 150 dipinti e bozzetti originali che raccontano la nascita e l’evoluzione artistica e narrativa in oltre 40 anni di carriera dell’artista.
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Ispirata al libro The Art of Tim Burton, la mostra celebra dunque non solo il regista, ma anche il pittore, l’illustratore e lo scrittore, offrendo un’immersione completa nel universo burtiano.
Le parole di Álvaro Molina, Gianmario Longoni e Brandi Pomfret in conferenza stampa
In occasione dell’apertura dell’allestimento milanese, la conferenza stampa ha ospitato Gianmario Longoni (Amministratore Unico di Alveare Produzioni), Tommaso Sacchi (Assessore alla Cultura del Comune di Milano), Álvaro Molina (Coordinatore creativo) e Brandi Pomfret (direttore dell’Archivio di Tim Burton).
“Quella attraverso Tim Burton Labyrinth è una vera e propria esperienza immersiva che mette insieme un mix di elementi. Dalla teatralità allo show”, ha spiegato Molina. “Ma per noi la cosa principale sono i disegni di Tim Burton. Volevamo creare quest’esperienza immersiva per mostrare al pubblico i disegni dentro un universo speciale che sfrutta la tecnologia per dare vita a cose inanimate. Quella del labirinto è un’idea felice perché Burton dice sempre che la sua testa è un labirinto pieno dii personaggi e universi molto diversi. Non solo oscuri ma con tanta luce, felicità e amore. Ogni stanza è molto diversa dalle altre, con ambienti differenti per contestualizzare la fruizione delle opere d’arte”.
“Il cinema ci mette in una condizione di apertura mentale ed emotiva per apprezzarne meglio i contenuti e recepire il modo in cui Tim Burton li ha concepiti quando li disegnava”, è intervenuto Longoni.. Qual era la sua intenzione emotiva nel momento creativo. Perché Burton non si limita a essere un artista visuale o cinematografico ma interagisce e affronta il contesto emotivo per proporre i suoi contenuti. Quindi, quando li esploriamo cerchiamo di assomigliargli. È un concetto di apertura totale e di rimozione dell’estetica per andare sui contenuti. Esplorare l’arte di Tim Barton nel suo contesto mentale porta alla condizione culturale, umana, sociale originaria. Quello che guardiamo non è solo estetica”.
“Tim Burton disegna da sempre, da quando è bambino e nell’archivio abbiamo decine di migliaia di disegni di tutta la sua vita e ha anche studiato animazione”, aggiunge quindi Brandi Pomfret. “Quindi, per lui ogni disegno ha bisogno di muoversi ed avere vita. Per questa ragione, i 75 disegni originali sono stati animati e c’è voluto oltre un anno per gli animatori che Tim Burton ha seguito passo dopo passo correggendo anche le minime cose, fino al battito di ciglia. Questa mostra è speciale perché tutti hanno visto almeno un film di Tim Burton e i suoi protagonisti sono familiari. Però molti non conoscono i personaggi che non hanno avuto un film o risalto popolare. Grazie a questa mostra, ogni stanza è come un piccolo set di un film che racconta come avrebbe potuto essere il film di questo personaggio”.
L’Assessore Tommaso Sacchi
“Sono felicissimo di aver sostenuto questo progetto, contribuendo a portarlo in Italia”, ha affermato Sacchi. “Ho avuto il grande privilegio di andare a Madrid quando c’è stata l’esposizione in Spagna, di entrare in questo universo onirico e di conoscere Tim Burton. Ho capito che questo lavoro poteva essere perfetto per la Fabbrica del Vapore e la cattedrale, che è uno dei centri più straordinari della cultura della nostra città. È una bellissima cittadella di laboratori e di attività, un luogo che la città vuole far sentire aperto a tutti i pubblici e a tutte le generazioni. Quando si arriva a un progetto site specific che si attaglia a questa architettura post industriale seducente, vuol dire che si è capito proprio che in questo grande spazio si può portare qualcosa di unico e straordinario”.
“Tim Burton è una delle figure, a livello di cultura globale, che maggiormente può evocare dei mondi, pensieri, riflessioni e sguardi sulla sua enorme, sconfinata, creatività”, ha proseguito l’Assessore. “Tra gli aspetti che mi hanno convinto a portare il progetto a Milano, innanzitutto la presenza dei disegni originali. Sono grande estimatore della cinematografia di Burton ma non conoscevo i suoi bozzetti che rendo la mostra davvero speciale. Un secondo aspetto riguarda i costumi: se c’è un tratto distintivo dell’opera così fantasiosa e straordinaria del regista è anche la sua capacità di lavorare sulle forme della moda su figure allungante. Mi piace l’idea di provare a far uscire personaggi, studi, lavori, pensieri del maestro e portarli in una dimensione plastica e fisica. Quasi a scomporre la sua cinematografia attraverso tutti gli aspetti che la rendono unica e speciale”.
Immagini da Ufficio Stampa