La vincitrice del MAXXI Bvlgari Prize, Monia Ben Hamouda, ci racconta la sua opera ‘Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X’.

loading

È Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) ad aggiudicarsi la quarta edizione del MAXXI Bvlgari Prize con l’opera Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X (2024) che entra così a far parte della Collezione permanente del MAXXI. La giuria internazionale ha commentato con queste parole la propria decisione: «Per la capacità di intervenire sullo spazio del museo e di interagire con i materiali, integrando l’uso di tecnologie contemporanee e tradizionali. Per la determinazione e il rigore nell’opera che rappresenta un evidente momento di crescita della sua ricerca artistica. Per aver affrontato con profondità il collasso dei nostri tempi attraverso un approccio inusuale ed evocativo».

L’articolo continua più sotto

La nostra newsletter bisettimanale dedicata al mondo dell’arte e della cultura

«Essere tra i finalisti mi porta grande felicità. – dice Monia Ben Hamouda ai nostri microfoni – A livello personale è una grande vetrina. Imparo tanto da un Museo come il MAXXI e poi il premio per me rappresenta l’avverarsi di un desiderio che avevo da tempo. Conosco questo premio da quando studiavo».

Monia Ben Hamouda e Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X (2024)

Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X, con un linguaggio visivo colmo di simbologia culturale e rituale, è composta da dieci pannelli di ferro intagliati a laser con motivi ispirati alla calligrafia islamica e alle moschee. Le lastre, dipinte con spezie tra cui la paprika, l’ibisco e la cannella, sono installate sulla parete di fondo della galleria, creando un effetto di collasso che rievoca la fragilità delle identità contemporanee. 

LEGGI ANCHE: A Monia Ben Hamouda il MAXXI Bvlgari Prize, Laura Burdese: «Linguaggi nuovi e creatività»

«La mia opera – ci spiega l’artista – è fatta da dieci pannelli in ferro dipinti a mano nel Museo. Ho lavorato in parte a Milano per il taglio laser del materiale e qui per l’installazione e la pittura. L’installazione si relaziona allo spazio del MAXXI creando un’architettura in antitesi al muro inclinato a falda della galleria. Anche se è massiva, si sviluppa nel vuoto dell’architettura che ho definito collassata. Quindi c’è un vuoto tra la parete collassata e la mia stessa opera. L’opera ha a che fare con l’idea del collasso di muri e con cosa significa, in un contesto politico così complicato, costruire un muro e poi farlo cadere».

Revenews