Giuseppe Loffredo, di Loffredo Foundation for the Arts and Inclusion, ci racconta ‘Crash’ e la visione artistica della Fondazione.

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La Venere di ICONIC Art System perde il suo drappo e si disvela davanti agli occhi dei presenti in tutta la sua poliedricità. È il fiore all’occhiello di Crash – installazione collettiva di arte contemporanea e impegno sociale presso la Sala Romanelli della Reggia di Caserta – realizzata dagli artisti Angelo Accardi, Luca Bellandi e Daniele Fortuna. Girando nella sala spiccano poi opere di Rocco Ritchie, Alessandro Flaminio, Mimmo Di Dio, Gaetano Di Dio, Marco Grasso, Fabio Abbreccia, Daniele Accossato e Pedro Perdomo.

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Del resto, ci troviamo di fronte alla prima restituzione pubblica di ICONIC Art System, piattaforma innovativa fondata da Giuseppe Loffredo che punta a un dialogo artistico inclusivo, valorizzando i grandi artisti e supportando quelli emergenti. «Vogliamo cominciare a riparlare di arte nel senso più ampio e inclusivo della parola. – dice Giuseppe Loffredo nel presentare la Venere – Questa idea nasce da una cena tra amici alla Biennale di Venezia. Si parlava di come si era perso il concetto romantico del mecenate di una volta: lavorare per l’arte e gli artisti e non solo per inseguire il denaro».

Loffredo ci racconta poi questa cena – a tu per tu – più nel dettaglio. «Non sono un art dealer, ma un collezionista. – ci racconta – E sono anche un collezionista giovane, perché qualche anno fa non me lo potevo permettere. Ero stato invitato alla Biennale per un vernissage di Accardi e mi sono incontrato con Luca Bellandi. Quella sera, dopo il vernissage, ci siamo trovati noi tre amici a parlare del mercato dell’arte ed è nata questa idea. Angelo mi fa Ci vorrebbero i mecenati. Luca aggiunge Come si faceva con Modigliani. Ho risposto: Se ci credete, proviamoci. Ed eccoci qua».

Giuseppe Loffredo: ICONIC Art System e Loffredo Foundation for the Arts and Inclusion

È questo, del resto, lo scopo specifico di ICONIC Art System, rete di gallerie d’arte promossa dalla Loffredo Foundation for the Arts and Inclusion: creare spazi artistici inclusivi e generare risorse per sostenere progetti, ispirandosi al concetto di mecenatismo contemporaneo. «Vogliamo dare possibilità ai grandi artisti – dice Loffredo – e la stessa possibilità ad artisti giovani ed emergenti che non hanno avuto l’opportunità di esporre in grandi spazi».

Ma ICONIC Art System è molto più di una vetrina democratica. È la volontà di riportare l’arte a tutti – «l’arte contemporanea è la più inclusiva perché non ha bisogno di tante spiegazioni», precisa Loffredo – ma anche di parlare di tematiche come inclusione e diversità. «Questa Venere – aggiunge il curatore – è bianca, ma ha la capigliatura afro. È femminile, ma anche maschile. Che cosa è? È solo arte e inclusione. È un po’ di tutto, ma non è niente perché è un essere umano».

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Arte tra inclusione e cooperazione

«Oggi si è tornato a parlare di diritto di aborto, del fatto che due persone possano o meno stare insieme, del fatto che un figlio possa appartenere a due madri o no… è un salto indietro di 2000 anni. La Venere è tipica dell’arte ellenica, ma 2000 anni fa questa era la normalità», precisa Loffredo. E così un progetto contemporaneo diventa a sei mani, combina materiali tradizionali e alternativi, gioca con superfici lucide, trasparenze e riflessi per amplificare il messaggio.

Alla resina bianca laccata da Angelo Accardi, che conferisce un aspetto marmoreo alla scultura, si aggiunge il dipinto su plexiglass di Luca Bellandi, riflesso da uno specchio, in un’illusione ottica di trasformazione creata dalla sovrapposizione del dipinto al drappo della scultura. A questi si unisce il legno di Daniele Fortuna che, con le sue forme stratificate e i colori vibranti, dona ulteriori tridimensionalità alla scena e all’installazione stessa, poggiata sul tappeto scenografico di Saints Studio, maison di moda vicina al mondo dell’arte: un patchwork di seta lungo 10 metri posto ai piedi della Venere per richiamare il legame tra arte, tessuto e storia. 

La Venere stessa è simbolo di inclusione e cooperazione. «Oggi il mondo dell’arte è spesso gestito da grandi corporazioni che propongono quello che vendono. – conclude Loffredo – Il concetto è che quasi nessuno investe sull’artista. La galleria non è più il mecenate, mentre noi abbiamo un’idea romantica: l’artista è parte di una famiglia, questo è ICONIC Art System».

Foto e Video: Marco Deodati

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