Il grido di ‘Breathtaking’ nel silenzio degli abissi, Fabrizio Ferri: «Siamo tutti parte del problema»

Un’immersione totale. Nel silenzio, nel buio. Per guardare in faccia quello che noi tutti siamo facendo al pianeta Terra. Quella che il fotografo Fabrizio Ferri porta al Museo di Storia Naturale di Milano fino al 27 aprile è un’installazione che non può – e non deve – lasciare indifferenti. Non caso la sensazione che si ha entrando nella sala che ospita i dodici ritratti è quella di essere in apnea, senza coordinate spazio-temporali se non quelle di un futuro che rischia di diventare asfissiante. Con Breathtaking (letteralmente, “da togliere il fiato”), Ferri propone un grido visivo sull’impatto devastante di plastiche e microplastiche negli oceani.

Non solo una denuncia, ma una riflessione sulla connessione tra l’inquinamento marino e la sopravvivenza umana, che prende forma in un allestimento immersivo e potente. Al centro dell’ambiente, una bara di vetro riempita d’acqua di mare diventa il simbolo della fragilità degli ecosistemi acquatici. A circondarla, dodici ritratti in grande formato di celebrità internazionali, trasfigurate dalle plastiche come ne fossero soffocati.

E se l’idea originaria di Ferri era quella di comporre anche una colonna sonora che accompagnasse l’installazione, la scelta del silenzio diventa a suo modo assordante. Perché la completa assenza di suoni degli abissi, ricreato con cuffie insonorizzanti su idea di Marina Abramovich, amplifica l’effetto straniante dell’opera e dell’esperienza che ne nasce.

Intervista a Fabrizio Ferri: l’arte per guardare lontano

Incontriamo Fabrizio Ferri in occasione dell’evento con cui è stata inaugurata l’installazione a Milano.  

Qual è stato l’aspetto più sfidante nel rappresentare, attraverso le immagini, un grido d’allarme legato all’inquinamento da plastiche?

La vera sfida di questo progetto è stata capire che non dovevo fare una denuncia. Questo non era un lavoro pensato per denunciare in modo diretto l’inquinamento intollerabile degli oceani e dei mari del mondo. La sfida era un’altra: comprendere che non dovevamo metterci dalla parte dei ‘buoni’, quelli che puntano il dito. Ma diventare noi stessi i cattivi, accettare la nostra responsabilità individuale per le condizioni in cui oggi si trova il pianeta. Questa è stata la vera svolta: capire che non dovevamo tirarci fuori, ma che noi siamo parte del problema. Il contributo, infatti, non è nel giudizio. Il contributo è nell’accettare la nostra corresponsabilità.

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Ha coinvolto dodici testimonial celebri. In che modo li ha convinti, e come hanno reagito all’idea di essere rappresentati in maniera inedita?

Queste persone — straordinari talenti — non le ho coinvolte come professionisti, ma per la loro umanità. Sono venuti in studio disarmati. Niente agenti, niente uffici stampa, niente parrucchieri, niente truccatori, niente assistenti. A piedi. In bicicletta. Sono venuti indifesi, e questo dice moltissimo: sono venuti non come icone, ma come persone. Come donne. E — nel caso di Willem Dafoe, l’unico uomo presente — come uomo.

Sì, Willem Dafoe è stato l’unico uomo a partecipare. Agli altri che avevo contattato, ho ricevuto solo risposte evasive, o che avevano “altro da fare”. Le donne, invece, hanno aderito con spontaneità, forza, sincerità. Gli uomini, la maggior parte almeno, si sono tirati indietro.

Immagine da Ufficio Stampa
Immagine da Ufficio Stampa

L’allestimento comprende anche elementi evocativi che contribuiscono a un’esperienza immersiva. In che modo immagine, suono — o anche l’assenza di suono — costruiscono il messaggio?

All’inizio, da musicista, mi ero detto: Fantastico, faccio anche la colonna sonora!. Ho provato: pianoforte, chitarra, altri strumenti… ma non funzionava. Poi ho capito perché: perché la musica accompagna, ti prende per mano e ti dice cosa devi sentire. Invece, questa installazione, ognuno deve poterla sentire da solo. Io non posso guidare la sensibilità di nessuno. Non posso spiegare come va interpretata, o cosa si deve provare.

Questa è un’opera che può piacere, non piacere, essere odiata, amata, condivisa o respinta. Ma deve essere libera. E questa libertà va rispettata. Alla fine, grazie a un consiglio prezioso di Marina Abramović, ho deciso di andare in fondo al mare. Metaforicamente. E nel silenzio profondo degli abissi, ho trovato la risposta: il silenzio assoluto. Per questo l’opera si ascolta con cuffie che cancellano ogni suono. Come quando sei davvero lì, immerso, in fondo all’oceano.

Oggi, qual è il ruolo dell’arte — e dell’artista — in relazione a temi globali come l’inquinamento?

Più che l’arte, è l’artista che ha un dovere oggi, quello di esercitare il muscolo delle palpebre, un muscolo ormai atrofizzato. Guardiamo sempre in basso, verso la mano e il cellulare. L’artista ha il compito di aiutare le persone a guardare lontano. A sollevare lo sguardo. Questa è la funzione civile, sociale, educativa dell’arte oggi.

Immagine da Ufficio Stampa

È uscito anche un libro che racconta la sua storia. Com’è stato vedere la sua vita su carta?

Sì, il libro Fin qui è uscito con Rizzoli. L’ho scritto senza bisogno di inventare nulla. La storia c’era già: è la mia vita. E posso dire solo una cosa: è il lavoro più sincero che abbia mai fatto. Chi lo leggerà, troverà solo verità.

Informazioni utili

Museo di Storia Naturale, corso Venezia 55, Milano
Dal 2 al 27 aprile 2025

Giorni, orari e modalità di accesso
Dal martedì alla domenica, dalle ore 10 alle ore 17.30 (ultimo ingresso 16.30) Accesso all’installazione con biglietto d’ingresso al Museo, 5 euro intero, 3 euro ridotto (esclusi 1° e 3°martedì del mese con ingresso gratuito dopo le ore 14.00)

L’installazione è stata ideata e realizzata dal fotografo di fama internazionale Fabrizio Ferri. Promossa dal Comune di Milano-Cultura, prodotta a New York da Geraldina Polverelli Ferri e a Milano dal Museo e da Nobile Agency, con la collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Milano diventa così il palcoscenico di un’opera che unisce bellezza e urgenza, trasformando il Museo di Storia Naturale in un luogo di riflessione globale.

Con il sostegno di partner come Credem Euromobiliare Private Banking e Crivelli Gioielli, Breathtaking si staglia come avamposto di un inno visivo al cambiamento, un’esperienza che lascia un segno non solo negli occhi, ma nella coscienza di chi la vive.

Immagini da Ufficio Stampa