Paola Savinelli e Andrea Scoppetta ci raccontano ‘Apocalypse Z Love’, edito da Tentacle, tra riferimenti e citazioni pop.
L’ultima fatica – si fa per dire – di Paola Savinelli e Andrea Scoppetta si intitola Apocalypse Z Love (edito da Tentacle) e ci porta direttamente in un mondo apocalittico. Siamo nel 20XX e la Terra è stata stravolta dall’impatto del razzo spaziale ss77 con la bomba z83. La nostra protagonista – Save – armata di katana ha un’unica missione: raggiungere il suo amato nonostante i pericoli e gli zombie. Seguendo tappe e distruggendo boss – proprio come in un videogioco arcade – Save ci condurrà in un ironico e rocambolesco viaggio, dove l’amore conta più di tutto il resto.
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Apocalypse Z Love: intervista a Paola Savinelli e Andrea Scoppetta
Iniziamo dal principio: come nasce l’idea di Apocalypse Z Love e come l’avete sviluppata?
Andrea Scoppetta: «L’idea nasce a cavallo tra il 2019 e il 2020. All’inizio Apocalypse doveva essere una miniserie animata formata da 5 episodi da 1min. L’idea era quella di raccontare una storia d’amore in una cornice action, una serie di genere in cui mescolare richiami cinematografici a quelli ludici dei retro game anni ’80. Il budget di partenza dava poco spazio di manovra e progettai il tutto per poterlo realizzare con uno staff ridotto e una sintesi che consentisse il giusto rapporto tra qualità artistica e fattibilità produttiva».
Paola Savinelli: «L’idea è di Andrea e nasce inizialmente come progetto di serie animata prima di interrompersi causa pandemia. Io sono entrata in gioco quando si è trattato di sviluppare la storia secondo una struttura unica, uniformare la linea narrativa e far parlare i personaggi. Da qui abbiamo iniziato a divertirci mescolando i nostri retaggi pop derivati dal mondo dei fumetti, dei videogame arcade e di certo cinema di genere con il quale siamo cresciuti».
Il personaggio di Save
Parliamo della protagonista, Save: è una novella eroina, ma graficamente in realtà è molto gracile, una giovane donna tra tante. Da dove nasce l’ispirazione (anche grafica) per questo personaggio?
P.S.: «Per la parte grafica lascio la parola ad Andrea. Dal punto di vista psicologico, il personaggio di Save si ispira alle caratteristiche delle eroine tarantiniane. Determinata e ribelle, spinta da un forte desiderio e con un codice morale tutto suo».
A.S.: «Save è l’incarnazione della forza stessa. Mai sottovalutare una donna dal suo aspetto esteriore, la sua determinazione è il carburante che la spinge oltre il limite e a raggiungere il suo obiettivo. Mi sono ispirato ai video dei Gorillaz di Jamie Hewlett e alle sintesi di Ashley Wood e Robert Valley per darle un aspetto che subito facesse capire la sua femminilità e allo stesso tempo forte e dinamica».
Mi ricollego alla grafica, per chiedervi anche dei colori scelti per questo volume: c’è tantissimo rosa. Come avete scelto i toni di questa storia?
A.S.: «Il colore è vita, in tutte le mie opere c’è sempre una ricerca particolare sull’applicazione del colore e delle sue molteplici sfumature. In Apocalypse la sfida è stata quella di utilizzare solo i colori primari in uno storytelling senza gabbia. Il colore doveva spingere il lettore a leggere parti ben specifiche delle tavole a fumetti e alleggerirne la lettura. Apocalypse vuole essere la mia massima espressione della cultura Pop a fumetti».
P.S.: «Anche qui la palette è stata scelta da Andrea. Ho amato il color magenta che domina il fumetto. Una sorta di rosa forte, come Save».

L’ispirazione dei videogame
La storia di Save, ambientata in un mondo apocalittico, si sviluppa come lo storytelling di un videogioco. Come mai e c’è una particolare ispirazione dietro questa scelta?
A.S.: «Nascendo come miniserie animata, l’intenzione era quella di chiudere ogni episodio come se fosse un videogioco anni 80/90. Sconfiggendo il boss finale, partiva il cliff che ti spingeva ad affrontare il livello successivo. Il tutto per mantenere alto l’interesse del giocatore che avrebbe poi appreso nuove abilità per poter sconfiggere il boss finale. L’idea nasce da qui, riportare il ricordo di quelle sensazioni ai nuovi lettori».
P.S.: «Diciamo che, per questo aspetto, la mia ispirazione di base è Lola corre (Lola Rennt) di Tom Tykwer da cui Apocalypse Z Love mutua la corsa in soccorso del fidanzato e l’intenzione di realizzare una sorta di divertissement narrativo sotto le mentite spoglie di un videogame. L’idea di creare dei veri e propri boss di livello, opportunamente stereotipati, poi, rimanda a una sorta di operazione -nostalgia verso la cultura pop anni ’80, che percorre tutto il fumetto».
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Apocalypse Z Love: metafore e citazioni
Nel suo tentativo di ricongiungersi a Tigrotto, Save sembra non avere remore: in un mondo senza speranza, l’amore ci porta a fare follie? O è più un’estremizzazione che serve a dare un tono più ironico alla storia?
A.S.: «Paola e io abbiamo spinto l’acceleratore al massimo. Non c’era motivo per darsi dei limiti nel raccontare una storia d’amore in un’apocalisse zombie come nella migliore tradizione del cinema Tarantiniano. Un fumetto fatto di eccessi, di rimandi e omaggi alle cose che abbiamo amato da piccoli, e come dei bambini ci siamo tuffati dentro a questo mondo».
P.S.: «Allora, il pacco che muove il desiderio di Save di raggiungere Tigrotto possiede, allo stesso tempo, una connotazione metaforica e una letterale. Sicuramente si tratta di una soluzione narrativa per dare un tono ironico e irriverente alla storia, ma soprattutto racconta di una giovane donna che decide per sé, per il proprio destino e segue i suoi desideri (quelli del cuore, quelli del corpo, quelli della leggerezza)».
Ci sono tantissimi riferimenti: da Kill Bill a quelli più eclatanti sui videogiochi. Vi siete divertiti anche ad inserirli?
A.S.: «Ci siamo divertiti moltissimo, una gara continua tra me e Paola a come inserire una citazione o un omaggio all’interno della struttura narrativa di Apocalypse. Spesso chiedo ai lettori: trovate tutte le citazioni?. Sono talmente tante che le ho scritte per non dimenticarne nessuna».
P.S.: «È stata la parte più divertente. Ti confesso che qualche citazione mi sfugge ancora».