La biblioteca di Sárospatak, un gioiello culturale firmato da Mihály Pollack

La piccola cittadina ungherese di Sárospatak è ormai un’importante meta culturale: è qui che sorge il Castello Rákóczi – noto come il Castello della Libertà ungherese – e, sempre tra queste vie, è possibile scorgere numerosi studenti che frequentano l’Università della città. Sárospatak è infatti un centro universitario di tutto rispetto, soprattutto in ambiti come la Teologia e la Pedagogia, con nuovi innesti e ampliamenti rivolti ad altre scienze (tra cui l’Economia). 

Gli abitanti ci assicurano che – a differenza delle città universitarie nostrane – qui la vita scorre con lentezza ed è tutto fuorché mondana, ma ciò non toglie che la cultura resti protagonista. Il Castello Rákóczi – che prende il nome da Franz Rákóczi, signore ungherese ed eroico combattente – risale al XVI secolo. Eppure, già dal cortile, è possibile osservare le stratificazioni del tempo e soprattutto delle attività di ristrutturazione attuate nei secoli. Nella torre – in stile medievale – c’è un Museo che espone la vita quotidiana dei lord ungheresi nel XVIII secolo: dai piatti dell’epoca alla produzione del vino fino alle tradizioni culturale della comunità. 

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La biblioteca di Sárospatak

Il vero gioiello nascosto di Sárospatak resta comunque la biblioteca del Reformed College. Per la precisione, siamo nel College della Chiesa Riformata. L’Università vanta ben cinque secoli di storia, durante i quali celebri scrittori, artisti e politici dell’Europa Centrale hanno studiato in queste aule. Per questo motivo, la biblioteca contiene alcuni dei manoscritti di maggior valore sulla storia ungherese. La biblioteca esiste dal 1531, ma la sua collocazione attuale risale al 1843. Inizialmente, nel XVII secolo, la biblioteca aveva la funzione di raccogliere libri che potessero aiutare insegnanti e studenti. E così – già nel XVIII secolo – arrivò a contare circa 2000 volumi.

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In seguito, la biblioteca si svuotò per tornare a crescere agli inizi del XIX secolo. In questi decenni, gli scaffali contavano circa 20mila testi e, per questo motivo, fu scelto di spostare la sede della biblioteca (quella attuale). Il progetto fu affidato al celebre architetto Mihály Pollack, autore anche del Museo Nazionale Ungherese di Budapest. Lo stile – come si evince dalle colonne – è classico. Tutto è in legno, dalle scale ai dettagli, e tuttora – sia i volumi che i mobili lignei – richiedono un’attenzione maniacale. Nessun incendio, per fortuna, ha mai compromesso la bellezza del luogo ma un terremoto – subito dopo la costruzione della nuova biblioteca – rischiò di distruggerne i tesori. Curioso che l’unica testimonianza scritta di questo terremoto sia contenuta proprio all’interno della biblioteca. 

Un luogo d’arte

Le finestre alte e il trompe-l’œil che caratterizza il soffitto la rendono – anche solo visivamente – già un luogo d’arte. L’illusione ottica del dipinto si vede – in tutta la sua magnificenza – se si sosta accanto alla finestra. Tuttavia, esplorando la biblioteca, la sua peculiarità non fa che aumentare. Gli scaffali contengono infatti una collezione di circa 25mila volumi, alcuni dei quali sono frutto di un importante lavoro di reperimento.

La collezione è la medesima del XIX secolo, con due depositi: uno si trova al piano di sopra della biblioteca, mentre il secondo è collocato in un altro edificio. I testi sono – in maggior parte – educativi: libri teologici, in latino, volumi sulla storia della Chiesa e persino testi educativi a tema legge, perché nel XIX secolo a Sárospatak c’era – appunto – un’università dedicata alla giurisprudenza. Il più antico documento conservato nella biblioteca è una pergamena con un’antifona, risalente all’ottavo secolo, mentre il libro più datato è un codex del XV secolo.

A sottolineare l’eccezionalità di questo posto va poi sottolineato che l’Orbis pictus (o Orbis sensualium pictus, Il mondo figurato delle cose sensibili), scritto dal pedagogista ceco Comenio – e pubblicato nel 1658 – ebbe la sua genesi proprio in questa piccola cittadina ungherese: a testimonianza di come, nei secoli, sia stata sempre un catalizzatore di arte e cultura.