Prorogata fino al 12 gennaio 2025, la mostra dedicata al Grand Tour accoglie i visitatori di La Spezia. Ce la racconta il curatore Andrea Marmori.

Oltre 6mila visitatori in quattro mesi. Non c’è da stupirsi, quindi, che la L’arte di viaggiare. L’Italia e il Grand Tour allestita presso il Museo Civico “Amedeo Lia” di La Spezia sia stata prorogata. C’è, quindi, tempo fino al prossimo 12 gennaio per immergersi in un’esperienza tra arte, storia e geografia, ripercorrendo l’ambitissimo viaggio in terra italiana in uso tra Settecento e Ottocento. Un itinerario di conoscenza culturale ma anche un percorso formativo immancabile nel curriculum dei giovani aristocratici europei

A fare da scenario all’allestimento è il complesso dei Frati di San Francesco da Paola, con la curatela del direttore Andrea Marmori che ci ha raccontato il progetto.

Museo civico La Spezia
Foto da Ufficio Stampa

Il Grand Tour in mostra

Quella sul Grand Tour è una mostra che ha raccolto un ampio apprezzamento tanto da essere prorogata. Vi aspettavate questo tipo di risposta?
Abbiamo avuto un’ottima risposta durante l’estate anche grazie alla presenza turistica nella città, nel golfo e alle Cinque Terre. Il comprensorio è fortemente ricettivo quindi abbiamo avuto un apprezzamento anche da parte di un pubblico straniero. E nel corso dell’autunno abbiamo attivato una serie di percorsi di approfondimento didattico a corredo della mostra che stanno avendo molto successo. Anche questo calendario è molto seguito e ci fa molto piacere.

E rispetto alla platea di riferimento avete registrato un pubblico diverso che magari vi ha sorpreso raggiungere?
Più che sorpreso, ha confermato un po’ le aspettative. La mostra è stata visitata e apprezzata fondamentalmente da un pubblico non locale, nonostante anche il pubblico cittadino di riferimento sia stato assiduo. Tra le attività che abbiamo proposto, abbiamo pensato anche al pubblico straniero con approfondimenti in lingua inglese su argomenti specifici legati al Grand Tour. E poi ci sono state attività didattiche rivolte ai bambini, sia per la libera utenza sia per le scuole. Quindi, anche il pubblico più giovane è stato coinvolto a più riprese e con più iniziative.

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Come è nata l’idea di un tema come il Grand Tour e che cosa, evidentemente, affascina ancora oggi di quel viaggio esplorativo dei giovani aristocratici?
Il Grand Tour era il viaggio di istruzione con cui le classi agiate europee – inizialmente soprattutto inglesi, irlandesi e scozzesi – giungevano in Italia, il paese della memoria, per toccare con mano quanto avevano sognato e appreso sui libri. In questo senso, l’Italia concedeva una serie di attrattive che erano irrinunciabili, favolose. Dal patrimonio archeologico e artistico alla mitezza del clima, dal paesaggio perfetto e vario che regalava un senso di libertà. L’idea della mostra nasce dal proposito di approfondire alcuni temi presenti nella collezione permanente del Museo Civico “Amedeo Lia”.

Viaggio in Italia

Andrea Marmori, foto di Roberto Battistelli
Foto di Roberto Battistelli da Ufficio Stampa

Qual è la geografia dell’allestimento che unisce pittura e scultura fra prestiti e opere della collezione permanente del Museo Civico?
La collezione permanente comprende opere dall’età preclassica, dal VI – V secolo a.C. fino al X secolo, ma il medio Rinascimento e il Settecento sono presenti in maniera cospicua. In particolare, una sezione è dedicata al paesaggismo di Roma e Venezia, due modelle infaticabili che si offrivano allo sguardo meravigliato degli artisti. Insieme al patrimonio del museo, poi, abbiamo ottenuto anche prestiti da istituzioni importanti e da privati per cui abbiamo esteso lo sguardo concedendo il lusso di fare questo viaggio.

La mostra, infatti, diventa proprio un piccolo tour. Parte dalle motivazioni del viaggio, una specie di Erasmus di lusso che durava anni portando dall’adolescenza all’età adulta. Era il giro di boa, per cui rientrati in patria si aveva compiuto questa esperienza sensoriale, emotiva, intellettuale e carnale che mutava il corso della vita. Da lì ci si avviava all’età adulta. Tra le tappe principali, Roma e la sua luce abbagliante, e Venezia, città tragica e teatrale. Ma anche Firenze con le sue collezioni principesche e Napoli, con il suo abbraccio affettuoso, Ercolano e Pompei. Si può immaginare qualche sorpresa fosse per il viaggiatore trovarsi di fronte a questo patrimonio eterogeneo che era il Bel Paese.

E La Spezia, la Liguria, come si inserisce in questo itinerario e che tappa rappresentava nel Grand Tour?
Intanto Genova è una grande capitale d’arte, oltre a essere una capitale portuale, così come il golfo di La Spezia a cui abbiamo rivolto l’attenzione. Diciamo che il Grand turista inizia ad arrivare qui in maniera più assidua più tardivamente, a partire dalla prima metà dell’800 anche se c’erano state le premesse già nel secolo precedente. E il golfo piaceva per i suoi fenomeni naturali, per l’abbraccio perfetto che è di un’attrattiva stupefacente e per le Alpi Apuane, con quel marmo immacolato che sembra riflettersi nelle acque fonde.

È, appunto, un abbraccio profondo amatissimo dal grande John Ruskin che diceva di visitare La Spezia perché nessun posto è adatto a essere descritto con l’acquarello quanto questo luogo. Piaceva soprattutto per la sua mutevolezza. La presenza degli Shelley, poi, e la morte tragica di Percy ha poi generato un’ulteriore forma di richiamo per cui si è generato un mito che attira il pubblico inglese su queste sponde. Mito che poi sarà sancito nel corso del Novecento con la dicitura di Golfo dei Poeti.

Dialogo fra le arti

Arti visive e letteratura, quindi.
Certo, si faceva il Grand Tour per vedere quanto si era letto: la campagna romana veniva visitata alla ricerca dei luoghi di Virgilio e di Orazio. Pensi cos’era arrivare in Italia e vedere questo paese mutevole e contraddittorio in cui la storia ha lasciato un segno indelebile… era un turismo molto diverso da quello di oggi, così affrettato, che richiedeva tempi del tutto differenti, nell’ordine di anni. Anni cruciali perché, come dicevo, il viaggio si compiva dai 16-17 anni fino ai 20-21 ed era proprio un rito di iniziazione per i segreti più riposti della natura e dell’arte. Era illuminante per la vita futura e noi in museo abbiamo voluto suggerire le ragione di questo viaggio.

C’è stato un prestito che più di altri vi ha fatto sudare?
Devo dire che tutti i prestiti sono andati a buon fine. L’unico dipinto che non abbiamo ora in mostra, ma perché il prestito non è stato prorogato, è quello di Pompeo Batoni di cui ho fatto fare una grafica di riproduzione. Rappresenta un giovane inglese arrivato a Roma nel 1775 che si fece ritrarre per poi portare in patria quel dipinto perché era la conferma del viaggio compiuto. I dipinti diventavano cartoline di lusso.

Per il 2025, poi, che cosa offrirà il museo anche a sostegno della candidatura della città a Capitale Italiana della Cultura 2027?
Abbiamo dei bei progetti, un’esposizione per Natale, ma non ne posso parlare… certamente la città è in attesa di conoscere il risultato per il 2027 e c’è fermento.

Immagini da Ufficio Stampa

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