Nel 1437 Filippo Lippi dipinse quello che ad oggi è considerato un punto fermo nella cronologia delle sue opere: la Madonna di Tarquinia vanta infatti – sul cartiglio del trono – la scritta A.D. M. MCCCCXXXVII, consentendo dunque agli studiosi d’arte di collocarla negli anni in cui Lippi rientrò a Firenze dopo essere stato a Padova. Sappiamo anche che l’opera fu commissionata al pittore dal Cardinale Giovanni Vitelleschi, arcivescovo di Firenze dal 1435 al 1437, ma in quegli anni di stanza a Tarquinia, la sua città natale. Lì stava infatti costruendo il Palazzo Vitelleschi – oggi sede del Museo archeologico nazionale di Tarquinia – in cui la Madonna del Lippi avrebbe dovuto fare bella mostra di sé. Un dipinto eccelso in un palazzo rinascimentale, considerato ancora oggi uno dei più importanti del Lazio.
Fino al 4 marzo 2025, la Madonna di Tarquinia torna dunque a casa per essere esposta nell’abside della cappella del secondo piano di Palazzo Vitelleschi. È un evento unico, perché la storia della Madonna di Tarquinia la vede lontana dal suo luogo naturale dal 1943. In piena guerra, il dipinto fu infatti portato a Roma per essere preservato dai danni bellici e lì poi rimase. Tuttora – a parte la parentesi espositiva cornetana – lo trovate permanentemente alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma.
La mostra diffusa 1437. La Madonna di Filippo Lippi, Tarquinia e il cardinale Vitelleschi
È quindi un’occasione unica, quella che ci si presenta fino al 4 marzo, per conoscere la vera storia del dipinto e anche i personaggi che ad esso si legano indissolubilmente. In concomitanza con l’esposizione della Madonna di Tarquinia nel Museo, nel paese della Tuscia è infatti possibile ammirare la mostra diffusa 1437. La Madonna di Filippo Lippi, Tarquinia e il cardinale Vitelleschi, realizzata a chiusura delle celebrazioni del centenario del Museo Nazionale Archeologico di Tarquinia.
Oltre al Museo, è infatti possibile visitare luoghi storici di Tarquinia, tutti legati al Cardinale Vitelleschi e gratuiti: la chiesa di Santa Maria in Castello, il Duomo, la sala degli affreschi del Palazzo Comunale e il palazzetto di Santo Spirito, sede dell’archivio storico della città di Tarquinia. La mostra si ripropone di illustrare legami tra arte, religione e potere nella Tarquinia della prima metà del Quattrocento. Il punto di partenza sarà proprio il Palazzo Vitelleschi. Il progetto scientifico – coordinato dal professor Vincenzo Bellelli, direttore del PACT – mira a sottolineare l’importanza del contesto temporale.
«Il Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia è stato istituito nel 1916 e inaugurato nel 1924. Cento anni di storia, a cui in realtà si sommano altri cinque secoli di vicende del superbo edificio che lo ospita, palazzo Vitelleschi, gioiello dell’architettura rinascimentale. – dice Bellelli – Siamo felici che tutti, tarquiniesi e non, nelle vacanze natalizie e per tutto il periodo della mostra, possano ammirare la Madonna di Lippi nel luogo a cui Giovanni Vitelleschi l’aveva destinata».
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Il Palazzo Comunale
Il Palazzo Comunale – risalente al 1260 – ricorda il Cardinale Vitelleschi nella sua sala degli affreschi. In particolare, sulla parete sinistra è rappresentato il Concilio del Senato romano durante cui si decise di erigere una statua equestre in onore del Vitelleschi. Il Cardinale è disegnato anche a sinistra dell’albero genealogico che collega la storia di Tarquinia a quella di Troia. La statua equestre non fu mai costruita, anche se esistono documenti che provano quantomeno la volontà di erigerla. Vitelleschi – con il titolo di commissario dell’esercito del papa – sconfisse i Colonna, espugnò (nel 1435-1436) tutte le rocche baronali site della Sabina e distrusse Palestrina nel 1437.
Da qui il favore del pontefice Eugenio IV, che gli promise una statua equestre in Campidoglio come terzo padre della città. Finì tutto in tragedia, neanche a dirlo. Nel 1440, Vitelleschi sarà infatti fatto prigioniero durante un agguato a Castel Sant’Angelo e lì morirà pochi giorni dopo per mano del castellano Angelo Rido, su ordine probabilmente dello stesso Pontefice. Il Cardinale, verrebbe da pensare, era diventato troppo potente e troppo scomodo.
Il Palazzetto di Santo Spirito e le Chiese
Nel Palazzetto di Santo Spirito, oggi archivio comunale, troverete proprio le tracce scritte di questi intrighi di potere legati a Vitelleschi: stemmi e lettere ecclesiastiche meravigliosamente conservate. La Chiesa di Santa Maria in Castello – gioiello costruito tra il 1100 e il 1200 – è in realtà protagonista di un tracollo sotto Vitelleschi, che chiese probabilmente a Eugenio IV di innalzare la Chiesa di Santa Margherita a Cattedrale (era il 1435). Ed è proprio il Duomo l’ultima tappa della Mostra diffusa: qui troverete gli affreschi della Cappella Vitelleschi e le lapidi di Sante, Alessandro e Bartolomeo Vitelleschi, oltre allo stemma della casata.
Una mostra storica, dunque, che punta i riflettori sul committente più che sul pittore. Sottolinea anche, tuttavia, quante vicende si celino dietro un quadro e quanti giochi e strategie di potere possano nascondersi dietro un’opera d’arte. Filippo Lippi, nella lontana Firenze, pensò solo a fondere la sua tecnica con quella fiamminga appena ammirata a Padova: dipinse una Madonna molto umana, in un contesto quotidiano e familiare. La finestra sullo sfondo sembra aprirsi proprio su panorami cornetani più che su mondi onirici. Anche per questo, nel dipinto c’è molto di Vitelleschi e della sua influenza all’epoca. Con la differenza che gli uomini vivono, si celebrano e poi cadono mentre i quadri, se protetti, restano a ricordarci dei tempi che furono.