In mostra a Roma, nei Musei di San Salvatore in Lauro, ‘Gli Shinhanga. Una Rivoluzione nelle Stampe Giapponesi’.

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Dopo Torino, arriva a Roma la mostra Gli Shinhanga. Una Rivoluzione nelle Stampe Giapponesi, ospitata nei Musei di San Salvatore in Lauro fino al 15 giugno 2025. Rispetto a Torino, l’esposizione – curata da Paola Scrolavezza e Fusako Yoshinaga – presenta un maggior numero di opere (circa 120, provenienti da collezioni private e dalla Japanese Gallery Kensington di Londra) e anche la selezione è leggermente differente.

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Prodotta da Chiara Spinnato e Filippo Giunti – Vertigo Syndrome, Eddy Wertheim della Japanese Gallery Kensignton di Londra e Lorenzo Zichichi – Il Cigno, la mostra sugli Shinhanga è dunque un’opportunità unica per immergersi nella bellezza e nella malinconia di un movimento artistico che, all’inizio del XX secolo, ha rivoluzionato la tradizionale stampa giapponese ukiyo-e.

Shinsui Ito (1898-1972) – Battledore – c. 1945-1957 (originally printed in 1938)

Dallo ukiyo-e agli shinhanga

Di fatto, se l’ukiyo-e è fiorito tra il 17esimo e il 19esimo secolo, è proprio nei primi decenni del ‘900 che inizia l’era degli shinhanga – con esponenti come Itō Shinsui e Kawase Hasui – complice anche l’apertura del Giappone agli scambi con Asia, Europa e Stati Uniti. Rispetto allo ukiyo-e, gli shinhanga rivoluzionano la tecnica della stampa a matrice, «facendone espressione dei tempi moderni», come sottolinea Paola Scrolavezza. Sono sempre silografie, che riprendono in parte proprio il movimento ukiyo-e, applicando però la medesima tecnica su soggetti diversi.

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Di fatto, gli shinhanga continuavano a proporre il sistema hanmoto: la tecnica della bottega – o anche l’arte di massa – che nasce dalla collaborazione tra l’artista con chi realizza la matrice, chi colora e chi stampa. Un approccio artigianale e collaborativo all’arte, che in quell’epoca si contrapponeva allo sōsaku-hanga, che sosteneva il principio del disegnato in proprio.

Donna che si pettina i capelli

Fotografia e prime rivoluzioni

La mostra – proprio per farci entrare nel contesto dell’epoca – inizia con un’area dedicata non a stampe, ma a vere e proprie fotografie. «Arriva in Giappone in questi anni la tecnica fotografica – ci spiega Paola Scrolavezza – che poi diventa la tipica tecnica fotografica giapponese grazie a un italiano, Felice Beato. Beato è un viaggiatore e fotografo che arriva e resta affascinato dal Giappone, tanto da aprirvi uno studio». Siamo nel 1863 e Felice Beato, insieme al pittore Charles Wirgman, perfeziona la colorazione delle stampe: sono foto in bianco e nero, ma dipinte a mano. «La fotografia accende l’interesse dell’Europa per il Giappone. – continua a raccontare la Scrolavezza – Queste foto venivano vendute agli europei della ricca borghesia. Immortalavano figure femminili, giovani maiko, geisha nei momenti quotidiani».

Il cambio di prospettiva di quegli anni è dunque evidente: gli shinhanga – termine coniato dall’editore Shōzaburō Watanabe – mettevano al centro scorci della provincia rurale, i sobborghi cittadini, scene notturne. Non più – come nel caso degli ukiyo-e – località note e personaggi celebri. È l’esaltazione della quotidianità, che trova nella donna la sua massima espressione.  I bijinga – i ritratti – mostrano infatti donne comuni che diventano protagoniste, ritratte nella loro quotidianità, mentre si pettinano i capelli o si applicano il trucco.

Masamitsu Ota (1892- 1975) – No. 4 Dojoji of Nakamura Utaemon VISeries: Aspects of the Showa Stage (1945)

La mostra Gli Shinhanga. Una Rivoluzione nelle Stampe Giapponesi

Nella mostra Gli Shinhanga. Una Rivoluzione nelle Stampe Giapponesi troviamo tutto questo e molto altro. Sono ad esempio esposte le Yokohamae, ultimo guizzo dell’arte ukiyo-e: Yokohama era infatti una città continuamento di Tokyo, nonché il suo porto. Qui approdavano le navi degli stranieri che arrivavano da oltreoceano. Lo shogunato vi inviò i maestri dell’ukiyo-e per immortalare la città in piena trasformazione, fermando nel tempo in realtà la fine di un’epoca artistica e l’inizio degli shinhanga

L’arte shinhanga va infatti di pari passo con un periodo di forte fermento culturale in Giappone: ci sono trasformazioni politiche (la nuova Costituzione su modello di quella francese), vengono abolite le classi sociali e si rafforza la classe borghese. Cambiano anche i costumi (in mostra ci sono anche kimono venduti nei grandi magazzini) e i paesaggi virano su tecniche quasi neorealiste e più moderne.

Persino il grande terremoto del settembre del 1923 influisce sugli artisti: provocò oltre 100.000 morti e, dalle sue ceneri, nacque una nuova Tokyo, sempre più proiettata verso il futuro. In questo contesto storico la produzione degli shinhanga s’intensifica, assorbendo le nuove atmosfere di ricostruzione.

Kawase Hasui (1883 – 1957) – Matsushima Zaimoku (1933)

Stampe e illustrazioni

Tra le altre sezioni da non perdere, c’è quella relativa al teatro kabuki: se nell’ukiyo-e i ritratti degli attori erano legati soprattutto alla cartellonistica, negli shinhanga la produzione è slegata dall’attività teatrale. Gli artisti disegnano le interpretazioni più celebri, osannando attori noti nei loro ruoli più iconici. E ancora viaggi, paesaggi innevati e primaverili e la nuova leva dell’illustrazione, che ha goduto del nuovo scisma artistico. Ne è un esempio il lascito di Takehisa Yumeji: i suoi ritratti femminili – che impreziosiscono copertine di libri e spartiti – mostrano tutto il romanticismo dell’arte figurativa. Le illustrazioni di Nakahara Jun’ichi, invece, influenzarono la grafica degli shōjo.

Foto preview: Shinsui Ito – Four Season: Tea Ceremony (1960 CA)

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