Alla scoperta della mostra appena inaugurata al MAO di Torino: haori e juban raccontano storia, cultura e modernità del Sol Levante.

Dal 12 aprile 2025, il Museo d’Arte Orientale (MAO) di Torino apre le porte a Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone, mostra senza precedenti in Italia e in Europa. Attraverso circa 50 haori e juban – giacche sovrakimono e vesti sotto kimono maschili – provenienti dalla collezione Manavello, l’esposizione offre un’immersione nella cultura giapponese, intrecciando storia, arte e riflessioni contemporanee.

L’articolo continua più sotto

La nostra newsletter bisettimanale dedicata al mondo dell’arte e della cultura

Per la prima volta, il pubblico italiano può esplorare l’universo degli abiti maschili giapponesi del primo Novecento, meno noti rispetto al kimono femminile ma altrettanto ricchi di significato. La mostra presenta una selezione di haori, juban e abiti tradizionali da bambino, che si distinguono per la loro manifattura raffinata e per le decorazioni che raccontano un’epoca di profonde trasformazioni. Curata da un team d’eccellenza – Silvia Vesco, Lydia Manavello, You Mi, Davide Quadrio, Anna Musini, Francesca Filisetti e Francesca Corrias – l’esposizione si configura come un viaggio fra tradizione e modernità. Con installazioni di artisti contemporanei che dialogano con gli abiti, offrendo nuove chiavi di lettura.

MAO HAORI
Ph Studio Gonella

L’approccio curatoriale si ispira alla filosofia giapponese dello “svelare senza esibire”, valorizzando l’armonia tra pieni e vuoti. Gli haori, con la loro eleganza sobria, e i juban, decorati con immagini narrative, non sono solo oggetti d’arte, ma documenti storici che riflettono il Giappone tra modernizzazione e tensioni imperialiste. La mostra si distingue proprio per il suo carattere innovativo, affrontando temi complessi come l’espansione giapponese in Asia e il ruolo degli abiti come strumenti di propaganda.

Gli haori e i juban: specchi dell’anima nipponica

Nel contesto della società giapponese, l’abbigliamento ha sempre definito ruoli e spazi sociali. Se il kimono femminile è stato oggetto di grande attenzione, gli indumenti maschili come gli haori e i juban sono rimasti meno esplorati, nonostante la loro importanza. Questi capi, meno appariscenti ma carichi di simbolismo, si rivelano soprattutto nei contesti intimi, come la sfera domestica o gli incontri amorosi. Le decorazioni interne delle giacche o l’intera superficie dei sotto kimono – con motivi ispirati alla letteratura, alla natura, all’arte della guerra o alla sfera divina – raccontano storie sofisticate, dipinte o tessute con cura.

LEGGI ANCHE: — Venezia apre Expo 2025 Osaka con eventi d’arte e sostenibilità nel Padiglione Italia

Le immagini che impreziosiscono gli haori e i juban esposti non sono mere decorazioni, ma testimonianze di un’epoca. Rappresentano il Giappone del primo Novecento, un periodo di transizione segnato dall’apertura all’Occidente e dalla difesa dell’identità nazionale. Tra i temi emergono il mito dell’Occidente – con le sue molteplici sfaccettature – e l’orgoglio nipponico, espresso attraverso simboli di progresso tecnologico e resilienza culturale. Anche gli abiti da bambino, a cui è dedicata una sezione specifica, riflettono questi messaggi, diventando strumenti di propaganda in un contesto storico segnato da conflitti e ambizioni globali.

Un dialogo tra passato e presente

Ciò che rende speciale la mostra Haori è il dialogo tra gli abiti storici e le opere di artisti contemporanei, che esplorano le eredità culturali e politiche del Giappone del XX secolo. Tra i lavori esposti spiccano: 

  • A Needle Woman e Bottari di Kimsooja, che indagano l’ibridismo culturale e il nomadismo, riflettendo sull’identità in un mondo globalizzato. 
  • Kotatsu (J. Stempel) di Tobias Rehberger, un’installazione che unisce tradizioni giapponesi e tedesche per affrontare temi di morte e trasformazione. 
  • Kishi the Vampire di Royce Ng, un video che rilegge in chiave fantastica la storia del primo ministro giapponese Kishi Nobusuke, esplorando le dinamiche economiche e politiche tra Giappone, Corea e Cina. 
  • Tungus di Wang Tuo, un film che intreccia storia, mitologia e finzione per analizzare le stesse tematiche con un approccio speculativo.
MAO-HAORI-Ph Studio Gonella-08
Ph Studio Gonella

Queste opere non solo arricchiscono il percorso espositivo, ma offrono una riflessione critica sul passato e sul presente, evidenziando come le tensioni di un secolo fa risuonino ancora in Asia e oltre. La mostra, in linea con la missione del MAO, è concepita come un organismo vivo, accompagnato da un programma musicale e performativo curato da Chiara Lee e Freddie Murphy, che animerà l’esposizione per tutta la sua durata.

Un’immersione nella storia e nell’Immaginario giapponesi

La mostra sfida l’immaginario romantico del Giappone, spesso associato a geishe e ciliegi in fiore, per rivelare un lato meno conosciuto. Quello di un paese in bilico tra tradizione e modernità, orgoglio nazionale e fascinazione per l’Occidente. Gli haori e i juban diventano chiavi per comprendere un’epoca di cambiamenti radicali, in cui il Giappone si confrontava con la propria identità mentre si espandeva in Asia, lasciando tracce profonde in Cina, Corea e oltre.

La sezione dedicata agli abiti da bambino è particolarmente significativa. Questi capi, decorati con simboli patriottici, mostrano come la propaganda si insinuasse persino nei tessuti, educando le giovani generazioni all’orgoglio nazionale. Attraverso le opere contemporanee, la mostra invita dunque il pubblico a riflettere su come queste narrazioni abbiano influenzato non solo il Giappone, ma anche le nazioni vicine. In un gioco di memorie e reinterpretazioni che arriva fino a oggi.

MAO Museo d’Arte Orientale – Via San Domenico 11, Torino – www.maotorino.it

BIGLIETTI
Intero 12€ – Ridotto 10€
ORARI
martedì – domenica: 10 – 18. Lunedì chiuso.
La biglietteria chiude un’ora prima. Ultimo ingresso ore 17.

In copertina: Giacca sovrakimono (haori) formale maschile raffigurante l’ingresso dell’esercito giapponese a Mukden (antica Shenyang, Manciuria) (dettaglio)

Giappone, post 1905 (entro la quarta decade del secolo XX)

Taffetà di seta nero (habutae); fodera in taffetà di seta decorato con mascherina (katayuzen) e rifinito a pennello a mano libera    
cm. h.105 x l. 130 x 50

Collezione privata, inv. n. 5.HA.35

Foto: Alessandro Muner

Revenews