Il nuovo EP di Meg – ‘Maria’ – vanta un artwork curato da Michele Nannini: tutta la simbologia e l’iconografia a cui si ispira.
Il nuovo EP di Meg – Maria – celebra i 30 anni di carriera della cantautrice, mostrando le sue diverse anime sonore e spirituali. Tre versioni dello stesso brano – Maria (Vesuvia Sound System Version), Maria (Ze in the Clouds Version), Maria (Carmine Iuvone Version) – e un artwork curato da Michele Nannini. «Michele Nannini è un grafico bravissimo. – ci dice Meg – Abbiamo iniziato a parlare e gli ho detto che avevo in mente il concetto dell’uroboro, un serpente che si morde la coda. C’è anche ne La Storia Infinita, un libro a me molto caro: è il medaglione che Atreju e poi Bastian portano al collo, due serpenti intrecciati che si mordono le reciproche code e rappresentano la ciclicità della vita fatta di tante fini e tanti inizi».
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«Ogni fine è un nuovo inizio. – continua Meg – Pensavo proprio a questa Maria che mi dà un sacco da fare. In tutti questi anni l’ho cercata, l’ho trovata, l’ho persa e ritrovata, l’ho scoperta. È un bel lavoro, appassionante. C’era questo uroboro e Michele, facendo una ricerca, mi ha proposto al posto del serpente alcune sue scoperte. Ha trovato antiche rappresentazioni di passi di danza trascritti su carta. Le note e i passi formavano dei serpenti: mi è piaciuta tantissimo. Sembravano serpenti, ma in realtà erano note e passi di danza. Per me la danza è un elemento fondamentale, sia come persona che come musicista».

Meg: arte, note e danza
Anche la danza è infatti un elemento fondamentale per Meg. «Ballare è un momento catartico. – ci dice la cantautrice – Lo dico sempre ai concerti quando balliamo: non siamo lì per far credere quanto siamo fighi e metterci in mostra, ma per dire a noi stessi Io esisto e resisto. Resistiamo. Oggi la scienza ha fatto scoperte incredibili sul ballo, perché crea nuove sinapsi nel nostro cervello, lo ringiovanisce, favorisce il miglioramento del mood e dell’umore, così come l’interscambio sociale. Mi piace che ai miei concerti si crei tutto questo: ballare tutti insieme è una sorta di atto, una festa pagana, un momento prezioso in questi tempi con sempre meno luoghi. È un momento catartico. Tutti questi elementi si sono trovati, come sempre succede dai un input e chi lavora con te ti risponde con un altro input. I pezzi si mettono insieme. C’è la mia calligrafia nel testo e i miei occhi e la mia bocca: un’idea molto intensa di Michele».
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La simbologia dell’artwork si sposa poi con la numerologia: «Il numero non è casuale, il tre è un numero importante. – ci dice Meg – Da ex studiosa di filologia dantesca, che ho lasciato per intraprendere il mondo musicale pazzo, vado pazza per Dante. Nel Medioevo, che forse era un periodo più illuminato di oggi, il tre era un numero importante. A questo giro, per i 30 anni, ci sono varie versioni di Maria che coesistono in maniera non problematica. Mi sono posta spesso questa domanda su una sorta di coerenza stilistica che forse non ho mai avuto. Questa naturale incoerenza determina chi sono».

La numerologia
«Probabilmente questa sorta di aspetto multiforme mi viene anche da un imprinting della mia città: a Napoli gli opposti si incontrano e anche io mi sento così. Sono innegabilmente una persona timida, ma sono anche estremamente estroversa e spavalda. Questa cosa si riflette anche nella scrittura: adoro la scrittura introspettiva, ma mi piace anche essere esplicita nei testi e nella musica. Mi piace la musica classica da cui vengo, ma non so vivere senza elettronica o ballare la drum and bass. Tre versioni mi sembravano perfette per dire che non esiste mai una sola versione di noi stessi, così come non esiste mai una sola versione di un pezzo. Sono molto legata alla cultura del remix degli anni ’90: mi ha insegnato proprio che non esistono barriere stilistiche e che la musica è una sola».