Attraverso l’arte e i numeri di un rapporto sconvolgente, Greenpeace chiede giustizia climatica e lancia il Climate Pride.
In Piazza Vittorio Emanuele II, Greenpeace Italia ha inaugurato E ora chi paga?, un’installazione immersiva curata dall’artista Alessandro Calizza. L’opera, realizzata con oggetti recuperati dalle zone recentemente colpite da eventi climatici estremi, rappresenta una denuncia visiva del prezzo umano e ambientale della crisi climatica.
Provenienti da luoghi simbolo del cambiamento climatico – Traversara, nel ravennate, colpita dalle alluvioni di settembre 2024, e lo stato brasiliano del Rio Grande do Sul, devastato in aprile e maggio – gli oggetti trasformati in opere d’arte raccontano storie di perdita e resilienza. La mostra sarà aperta al pubblico fino a sabato 16 novembre alle 17:00.
L’allestimento è simile a uno showroom, con oggetti di uso quotidiano diventati simboli di un’emergenza globale. Ogni pezzo testimonia, infatti, le vite spezzate dalle alluvioni, dalle case distrutte ai ricordi andati perduti, con l’obiettivo di scuotere la coscienza collettiva.
“L’installazione E ora chi paga? vuole attivare un cortocircuito che porti le persone a riflettere con rinnovata attenzione su temi che troppo spesso passano in secondo piano. Sia sui grandi media che nel nostro quotidiano”, spiega Calizza. “Allestiti in un tragico showroom, gli oggetti recuperati si animano, parlano, raccontano la loro storia e il destino delle vite che simboleggiano. A grandi lettere puntano il dito contro governi e multinazionali, gli impuniti responsabili di tutto ciò, e ci ricordano che i disastri climatici hanno un costo, ma che siamo noi a pagarlo».
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Il rapporto sul costo della crisi climatica in Italia
Durante l’inaugurazione, Greenpeace ha anche presentato il rapporto Quanto costa all’Italia la crisi climatica? – Alluvioni e frane, dieci anni di eventi meteo estremi, sui crescenti danni economici causati dal cambiamento climatico. Tra i dati principali emerge che, dal 2013 al 2020, le Regioni italiane hanno registrato 22,6 miliardi di euro di danni dovuti a frane e alluvioni, con una media annuale di 2,8 miliardi di euro.
“Siamo noi a pagare il prezzo della crisi climatica, talvolta con la vita o con la perdita di persone care, di ricordi, di patrimoni culturali, di legami con la nostra casa e con le radici che ci connettono alle nostre comunità”, ha sottolineato Federico Spadini, campaigner Clima di Greenpeace Italia. “A pagarne il prezzo dovrebbero invece essere i veri responsabili: i governi, come quello italiano, che fanno di tutto per rimandare la transizione ecologica di cui abbiamo urgente bisogno, e le grandi aziende del petrolio e del gas, come ENI, che continuano ad alimentare il disastro climatico con le loro emissioni fuori controllo”.
Da qui l’appello per la giustizia climatica con Climate Pride, manifestazione nazionale che si è svolta sabato 16 novembre con oltre 50 associazioni. Tra le richieste principali: l’abbandono definitivo delle fonti fossili e politiche che mettano al centro la salvaguardia del pianeta.
Immagini da Ufficio Stampa