La Ghibli-mania degli ultimi giorni porta al centro il dibattito su creatività e intelligenza artificiale. Ma cosa dice la legge?

Negli ultimi giorni, sui social e sulle varie piattaforme si è diffusa la tendenza ormai nota come Ghibli-mania. Grazie all’intelligenza artificiale, in breve, chiunque sta trasformando se stesso (o qualsiasi immagine) in un personaggio in stile Studio Ghibli: un vero fenomeno dei giorni nostri, che non solo ha mandato in tilt – sembrerebbe – lo stesso ChatGPT, ma ha sollevato numerosi dibattiti sul tema della violazione del diritto d’autore.

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Studio Ghibli è infatti una società di animazione famosa in tutto il mondo fondata dall’oggi 84enne Hayao Miyazaki. Ecco, già nel 2016, il regista aveva definito «assolutamente disgustosa» l’idea una creazione AI in rapporto alle sue opere. Al momento, la Ghibli-mania è talmente evidente nella sua violazione che lo stesso Sam Altman – fondatore di ChatGPT – è corso ai ripari dichiarando: «Stiamo rifiutando alcune creazioni che non potrebbero essere consentite, stiamo aggiustando questo aspetto il prima possibile».

«Ma questo è solo uno degli innumerevoli esempi di come la tecnologia evada i diritti di artisti, intellettuali, e creatori in genere – spiega la super esperta in materia Margherita Cera dello studio legale internazionale Rodl & Partner – fenomeno che anche in Italia sta assumendo una dimensione così importante che se non debitamente regolamentata potrebbe deflagrare fuori controllo».

Il Caso Ghibli: IA e arte, a che punto è la legge?

Indaghiamo proprio questo fenomeno. Con una crescita del +58% e un mercato che ha superato la soglia record di 1,2 miliardi di euro nel 2024 (Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano), l’intelligenza artificiale sta vivendo un vero e proprio boom di utilizzo. Tanto che il recente studio La nostra vita con l’AI: dall’innovazione all’applicazione effettuato da Ipsos-Google ha rilevato come, in Italia, il 43% degli intervistati abbia utilizzato l’AI generativa nell’ultimo anno, con il 54% degli italiani che si è dichiarato entusiasta delle possibili applicazioni dell’AI.

Nella industry della creatività, poi, emerge un dato ancora più netto. Il 91% degli operatori del settore pubblicitario digitale sta già utilizzando, o ha utilizzato in un recente passato, o almeno sta sperimentando l’AI generativa (dati IAB Interactive Advertising Bureau – Europe). Un fenomeno in piena esplosione che però potrebbe fare esplodere i Tribunali di cause e contenziosi, in un contesto in cui il quadro normativo è obsoleto rispetto alla quotidianità e dove il giudice, sentenzia la Corte di Cassazione (2023), dovrà analizzare il potenziale reato caso per caso.

L’opera artistica o di ingegno generata con l’AI, infatti, non è tutelabile in termini di diritto d’autore, ovvero è copiabile e replicabile da parte di tutti. Allo stesso modo la stessa opera realizzata con l’AI potrebbe però nella sua genesi essere stata generata utilizzando o imitando un’opera umana violando in tal caso la tutela del diritto d’autore.

L’IA non è coperta dal diritto d’autore

«Il caso di specie è la fotografia A Recent Entrance to Paradise, creata da Creativity Machine, un sistema di intelligenza artificiale generativa, sviluppata da Stephen Thaler, dove la Corte d’appello federale statunitense ha stabilito che non ci fossero i margini per ricevere la tutela del diritto d’autore» spiega Margherita Cera, avvocato dello studio multidisciplinare internazionale Rödl & Partner, esperta in proprietà intellettuale.

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«Allo stesso modo anche in Italia – continua la super-esperta – la legge sul diritto d’autore non reca alcuna prescrizione circa la possibilità di tutelare con il diritto d’autore opere create dall’intelligenza artificiale, ma il dettato normativo porta a concludere che, oggi, la tutela autorale possa essere riservata alle opere create dall’uomo. Si pensi, ad esempio, al diritto degli eredi dell’autore di far valere i diritti morali, quali quello di rivendicare la paternità dell’opera o di opporsi ad ogni modificazione».

«La Corte di Cassazione, nel gennaio 2023, ha però – spiega l’avv. Cera – già avuto modo di precisare che, qualora l’algoritmo sia utilizzato quale strumento d’ausilio alla creatività umana, senza sostituirla in toto, allora non può essere esclusa la tutela autorale dell’opera. Ne consegue che, oggi, in Italia, la tutelabilità di un’opera creata con l’ausilio della tecnologia è rimessa alla valutazione fatta caso per caso dai giudici i quali sono chiamati ad accertare quale sia l’effettivo apporto umano nella creazione».

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