L’Eremo Abbazia di Santo Spirito a Maiella, luogo del futuro Pontefice Celestino V, tra dipinti e architetture naturali.

Nel cuore del Parco della Maiella – e inserito nel Cammino di Celestino, primo grande percorso realizzato nel parco – svetta l’Eremo Abbazia di Santo Spirito a Maiella, uno dei luoghi di Pietro da Morrone, futuro Papa Celestino V. Il Cammino attraversa il versante nord-occidentale del Parco della Maiella, toccando i luoghi abitati e scovati da Celestino che li rese prima sedi eremitiche e poi veri e propri luoghi di culto.
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Tra le tappe del Cammino, l’Eremo Abbazia di Santo Spirito a Maiella appare come l’edificio architettonicamente più curato e affascinante, complici anche le ristrutturazioni a cui è stato sottoposto nei secoli. Situato a 1132 metri s.l.m., l’intero luogo giace incastonato tra rocce scavate dall’acqua, naturali e ospitali ripari per i primi eremiti.
L’Eremo Abbazia di Santo Spirito a Maiella: l’arte sacra nel corso dei secoli
Pietro Angelerio – noto anche come Pietro da Morrone – arriverà qui nel 1246 insieme a due monaci e con il consenso della Casa Madre benedettina: i segni di precedenti stanziamenti erano già in essere (l’abate Desiderio sosterà qui nel 1053, prima di diventare Papa Vittore III), ma è proprio grazie al futuro Celestino V – all’epoca già monaco benedettino e sacerdote – che venne riedificata la Chiesa, dedicata allo Spirito Santo.
La leggenda narra infatti che è proprio in questo Eremo – il 29 agosto 1248 – che lo Spirito Santo si manifestò a Pietro da Morrone, chiedendogli di realizzare una chiesa che portasse il suo nome. L’intento di Pietro era quello di sperimentare una vita assolutamente eremitica – lontano dai luoghi antropizzati (soprattutto dopo un’esperienza intensa vissuta a Roma, dove divenne sacerdote) – eppure in molti seguiranno il suo esempio. Tanto che – proprio in questo Eremo – nascerà la Congregazione dei Celestini (così chiamati dopo la nomina a Pontefice di Pietro).
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La parte più antica dell’Eremo
A testimonianza dell’importanza di questo luogo per i Celestini, la struttura del luogo mostra tutta l’importanza della Chiesa. La parte più antica – infatti – è la balza di roccia più bassa, accessibile attraverso un corridoio esterno e tuttora visitabile. È il nucleo eremitico vero e proprio con tre ambienti, di cui il più grande è la cosiddetta Stanza del Crocifisso: qui Pietro da Morrone pose infatti un crocifisso con caratteristiche gotico-dolorose (di stile nord europeo, ma diffuso all’epoca anche in Italia con le dovute diversificazioni). Dalla Stanza del Crocifisso si entra poi nelle due cellette che ospitavano Pietro e i confratelli. In esse, ancora sono visibili ossa umane e un gradino ricavato nella roccia, il letto del futuro Pontefice Celestino V.

Già nell’area più antica dell’Eremo è possibile ammirare i resti di pitture tardo cinquentesche (come la facciata), superstiti di un arricchimento pittorico successivo. Si nota chiaramente che alla tecnica dell’affresco è stata preferita una blanda scialbatura e – nella Stanza del Crocifisso – sopravvive anche un’edicola figurata che rappresenta un Angelo nell’atto di annunciare la Passione di Cristo. In questo antico nucleo sono dunque evidenti gli interventi subiti nel tempo dall’Eremo Abbazia di Santo Spirito a Maiella: un collegamento realizzato nel ‘500 univa la Stanza del Crocifisso alla sagrestia e risale alla stessa ricostruzione anche la coloratissima pittura sulle pareti, che fa immaginare un vero gioiello architettonico.
La ricostruzione ad opera di Pietro Santucci da Manfredonia
Storicamente, dalla seconda metà del XIV secolo, l’eremo è stato infatti protagonista di un progressivo declino e di uno stato di abbandono. Gli interventi pittorici sono opera dell’Abate Pietro Santucci da Manfredonia (i cui resti, su sua richiesta, si trovano nell’eremo) che – nel 1586 – ottenne da Papa Sisto V il consenso alla riedificazione di Santo Spirito. Molti interventi sono poi addirittura successivi (brutali, potremmo dire, negli anni ‘70), ma è indubbio che l’eremo mostri tutte le stratificazioni artistiche subite, nel bene e nel male.
Entrando nell’Abbazia, il cambiamento stilistico è ancora più evidente. Di Pietro da Morrone – e dunque del 1200 – rimane visibile solo la volta a crociera costolonata che campeggia sull’altare maggiore. Si devono invece a Pietro Santucci da Manfredonia la cupola, la copertura a botte e la stessa estensione della Chiesa, oltre agli interventi pittorici (nulla di figurato, puri elementi geometrici) ormai quasi completamente scomparsi.

Sull’altare spicca poi la copia dell’olio su tela realizzato dall’artista napoletano Fabrizio Santafede (l’originale è conservato presso il Centro d’Arte e Cultura Alberto Di Giovanni a Roccamorice). È la Pentecoste, opera del 1605, che rappresenta la discesa dello Spirito Santo con la Vergine in trono. Si nota che – nell’opera – non tutti gli Apostoli presentano la fiamma dello Spirito Santo: l’intento dell’artista era infatti quello di rendere partecipe il fedele, mostrandogli una discesa in divenire. Un omaggio anche al culto mariano e a Santa Maria di Collemaggio, edificata da Pietro da Morrone nel 1288. Nella Chiesa resiste anche un’edicola risalente alla metà del ‘700. Il basamento è ricco infatti di simboli papali, in attesa del busto del Pontefice Celestino V.
Il portone esterno
Il portone esterno – restaurato nel XVI secolo – reca la scritta Ecclesia haec S. Spiritui ab Angelis consecrata, Aegris Medicina est, et Christi Fidelibus Dimittit Peccata Omnia (con al centro Porta Celi). Un messaggio importantissimo, perché testimonia che il fedele in questo luogo poteva ottenere la redenzione dell’anima. Il portale in legno, la statua di San Michele Arcangelo e il tabernacolo risalgono al 1894, quando la chiesa fu riaperta al culto.
Da un corridoio scavato nella roccia si arriva infine al terzo edificio: la foresteria, o Casa del Principe, sviluppata su tre piani. Qui troviamo la Scala Santa e l’oratorio della Maddalena, dove spicca un altro dipinto della Vergine, probabilmente rimaneggiato in epoche differenti.

Tra arte sacra e stratificazioni architettoniche, l’Eremo Abbazia di Santo Spirito a Maiella appare dunque come uno scrigno incastonato tra le montagne: qui rivive la storia di Celestino V e dei suoi confratelli, tra bellezze naturali che l’uomo non ha mai voluto scalfire. E così l’arte umana e le mani meticolose della natura si uniscono e influenzano a vicenda in un luogo senza tempo, scalfito solo dai venti e dalla sua potente spiritualità.