Dopo un divertente siparietto, proposto dagli utenti della rete, sulla presunta reazione di Rai nel dover a sorpresa gestire un evento della portata continentale dell’Eurovision, i media, e qui intendiamo pubblico e testate, si stanno orientando a proporre una polemica tutta italiana: Roma contro Milano. Milano Capitale della discografia, Roma capitale di cultura e dell’indie.
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A onor del vero Rai, non sempre sensibile all’entità del progetto Eurovision, complice anche la presenza di Måneskin, ha sostenuto l’evento senza indugi. Ne testimonia una finale finita direttamente su Rai Uno il sabato sera. La musica è al centro del nuovo orientamento editoriale di molti attori nel nostro paese, Rai fra i portavoce più attivi. Ci mancherebbe, è un servizio pubblico. La musica, veicolo di cultura e linguaggi, è l’arte che, malgrado l’insensibilità istituzionale, ha meglio rappresentato la trasformazione sociale in corso, soprattutto quella dei giovani. In un momento in cui la lingua si incaglia sull’inesistenza di un “esso” abbastanza neutro da rappresentare le esigenze, la cosa più facile è dare spazio a qualche canzone non troppo bigotta ne troppo estrema così da mettersi la coscienza in pace. Ebbene si, facciamolo ma giochiamocela tutta.
Che piaccia o no oggi chi ha vent’anni spesso vede nella musica una possibilità per esprimersi e rappresentarsi, questa la grande scoperta dei grandi editori. Gli under trenta, una generazione stigmatizzata a più riprese, incapace di scindere il sushi dal pesce, apostrofano i più cinici. Sebbene l’obiettivo che emerge da molti progetti musicali sia espresso dalla variabile “dollaro incassato”, argomento principe di tantissime liriche, lo spazio e l’attenzione va dato obbligatoriamente a questa generazione pena la morte civile ed il degrado del nostro sistema paese. La cosa deve valere non solo per chi fa ricerca scientifica ma anche per chi è destinato a raccontare la vita con una poesia.
Gli eventi hanno aperto un nuovo terreno di gioco l’Eurovision, Roma o Milano. Milano capitale della discografia, Roma patria di tutte quelle indie che hanno portato al contratto con la major i tanti Calcutta oggi presenti sul mercato. Ma facciamo finta che ci possa essere una alternativa. Candidiamo qualcosa di forte. Come l’incontro di Muhammad Ali in Africa (Zaire 74), il concerto all’Isola di White (1970), I Pink Floyd a Venezia. Proviamo ad immaginare un Eurofestival con meno maxischermi e tavolini. Un campo devastante, prati, sole, mare, Qualcosa di veramente innovativo come il Museo del Mare a Reggio Calabria. Qualcosa che entri nella storia oltre ad una vittoria dopo trent’anni.
Facciamo finta che, come direbbe Biglino, che tutto si possa fare e pensare. La palla io la metterei più che al centro, al sud. Potrei scegliere una città con un aeroporto e spazi, mare e natura. Le scelte potrebbero essere Napoli, banale, Bari, Trapani, Catania. Ok pensiamo a portare il carrozzone internazionale dell’Eurovision sulla nostra enterprise sul mare, la Sicilia, che ne dite? Oppure uno spettacolo su tre palchi condivisi su tutto l’asse nazionale. Diciamo che se si pensa ad un ponte fra Messina e il continente si può anche pensare di portare una serie di concerti in un paradiso da rilanciare.