Si intitola Regina il brano che Davide Shorty porterà sul palco dell’Ariston nella finale delle Nuove Proposte a Sanremo 2021. Una finale a cui il cantautore è arrivato dopo una prima esibizione a dir poco difficoltosa, come ha ammesso lo stesso Davide sui social.
«Direi che salire sul palco è stato un delirio e un mix di emozioni. Ero agitatissimo. – ci dice – Arrivato sul palco, inizia il pezzo e non funzionano gli auricolari. In quel momento, se mi avessero inquadrato, mi avrebbero letto in faccia la disperazione totale. Non sentivo nulla. Mi sono tolto gli auricolari e avevo la percezione del ritmo della canzone. Ero molto caldo perché Paola Folli mi ha riscaldato a dovere. Sono riuscito a gestirla bene. Me la sono goduta. Alla fine è stato quasi provvidenziale non aver avuto gli auricolari collegati».
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«Devo dire che sono felice di come è andata, non ho pensato alla competizione. – aggiunge poi il cantautore – Non mi importa di passare ma di fare musica. Se vinco è una grande lusinga, però gli artisti sono tutti bravi. Ognuno ha la sua storia».
Di Sanremo, Davide Shorty apprezza soprattutto il fatto di «essere sul palco in un momento in cui mi manca da morire suonare».
«Ci sarebbe dovuta essere la mia band, ma per le limitazioni non è stato possibile. – commenta – Sono veramente grato di poterci essere e di poter portare un po’ di gioia nelle case degli italiani e un sound diverso dagli altri».
Davide Shorty e l’album fusion.
«Il titolo è minuscolo perché mi piace tenere i toni pacati. Credo che essere pacati alla lunga paghi. – ci dice subito – Il disco è nato per bisogno espressivo e non per compiacere logiche di mercato. Sono sicuro che sia un album diverso da tutto».
Del resto, Davide Shorty ci racconta di come si sia ritrovato, dopo X Factor, «a cercare di compiacere qualcosa che non fossi io. Quella cosa mi ha schiacciato ma l’ho allontanata».
«Che sia difficile veicolare messaggi importanti attraverso la musica non è una novità. – conclude il cantautore – Della difficoltà però ce ne freghiamo, il mio è un bisogno. Più sei educato all’empatia più hai bisogno di parlare di alcune cose. Perché ti fanno incaz*are. La rabbia però va trasformata in scrittura».